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Dossier:

Cinque anarchici del sud.
Una storia degli anni Settanta

Angelo Casile, uno dei cinque anarchici rimasti uccisi, che protesta contro quel mondo così difficile da combattere

Capitolo 4
L’adesione all’anarchia

4.1 La partecipazione dei ragazzi alla FAGI

L’adesione dei ragazzi al movimento anarchico inizia tra il 1966 e il 1967, quando il gruppo inizia a delineare una propria fisionomia rispetto al panorama anarchico nazionale, diviso tra i GIAe la FAI. Si costituiscono all’interno di quest’ultima come gruppo «Bruno Misefari» della FAGI (Federazione Giovanile Anarchica Italiana), il movimento giovanile della FAI.

In realtà non esisteva in città una solida tradizione anarchica: le iniziative erano delegate piuttosto ai singoli, e mancava una struttura organizzativa e un coordinamento stabile con il movimento nazionale.

Il gruppo partecipa attivamente alle iniziative della FAGI, anche se è ben consapevole di operare in un ambiente sociale estremamente diverso da quello degli altri compagni.

Uno dei primi interventi appare in un «Dibattito pre-convegno dei gruppi e militanti della FAGI», che si svolse negli ultimi mesi del 1967. In una «Chiarificazione» il gruppo scrive:

I giovani del gruppo anarchico di Reggio Calabria, che furono l’inizio del risveglio libertario in questa regione sia verso l’esterno che verso quei militanti anziani (imborghesitisi) i quali avevano abbandonato per la maggior parte ogni attività associata ed anarchica, si rivolgono a tutti i compagni della Federazione Anarchica Calabro-Sicula e a quelli che non vi aderiscono, per l’inizio di una chiarificazione…

I giovani costituitisi recentemente in gruppo “Bruno Misefari” aderenti alla FAGI, propongono in sede locale l’inizio (…) di una attività organica nel seno della Fed. Anarchica Calabro-Sicula con una sede pubblica, e non da carbonariper meglio svolgere un piano di lotta e di propaganda rivoluzionaria.

Questo piano di lotta deve essere su due livelli non distaccati: uno più interno alla Federazione con cicli di dibattiti, conferenze e discussioni per la formazione organizzativa e libertaria dei nuovi simpatizzanti e militanti, l’altro esterno rivolto ai problemi dei lavoratori, alle loro lotte ed al nostro impulso rivoluzionario, alle questioni internazionali (lotta anti-NATO, antiImperialismo, anti-elezionismo, problema spagnolo e solidarietà rivoluzionaria…)e così via.

 

Nei giorni 1 e 2 giugno 1969 si svolge a Reggio Calabria un convegno interregionale FAGI al quale prendono parte i gruppi e militanti anarchici di Reggio, Palermo, Catania, Cosenza, Napoli, Canosa e Roma. In quell’occasione si ha la possibilità di ripercorrere il proprio percorso e di delineare il complesso panorama nel quale si trova ad operare.

 

Il discorso che portiamo avanti sull’organizzazione non è un momento di sola adesione ideologica, ma è una necessità che scaturisce dalle esperienze che il gruppo ha fatto e continua a fare nella realtà oggettiva in cui opera.

È difficile fare con sinteticità un’analisi di questi ultimi anni che profondamente hanno trasformato le nostre terre e il nostro modo di vivere, che hanno immerso tutto il meridione nel mercato internazionale, nel gioco dello sfruttamento mondiale.

In più di dieci anni, la popolazione agricola ha abbandonato le campagne dandosi completamente, o quasi, in braccia al nuovo opprimente mercato capitalistico industriale o edilizio. Anche se due milioni di emigranti hanno raggiunto le zone industriali del Nord o di altri paesi, il numero degli studenti è cresciuto fortemente, le città sono scosse da una caotica e tumultuosa espansione edilizia che ha concentrato popolazione e reddito.

Volendo dare uno sguardo alla nostra Calabria riscontriamo una situazione che ha degli aspetti tipici del vecchio colonialismo.

Vi si rincontrain gran parte un massiccio sottosalariato che è una delle alternative per non rimanere disoccupati e per non emigrare, vi è inoltre un bracciantato agricolo occasionale o meglio stagionale e vi è una presenza fluttuante di operai nel campo edile che non riesce mai a completare una settimana lavorativa, mentre persiste una politica sul tracciato di vecchi sistemi e vecchie formule i cui limiti e le contraddizioni non trovano nessun soluzione.

 

Dimostrando un discreto intuito politico, gli anarchici calabresi prevedono la sollevazione popolare che avrà luogo da lì a pochi mesi,ufficialmente per la questione del capoluogo ma in realtà fomentata da disastrose condizioni economico-sociali,e che la sinistra “istituzionale” non sarà in grado di comprendere.

 

Già ovunque si sentono i contraccolpi di questa situazione venutasi a creare.

Si accresce sempre di più il divario tra nord e sud.

Gli squilibri atavici, finora a stento sostenuti, provocano le reazioni delle popolazioni nel Napoletano, in Calabria, in Sicilia e in Puglia, scoppiano spontaneamente le rivolte contadine e dei quartieri poveri delle città, e partendo dal basso investono tutti gli schieramenti politici e sindacali, che,d’altra parte, rimangono immobili e registrano solo passivamente le trasformazioni politiche e sociali.

La questione meridionale, che è poi la questione di tutto il mondo sottosviluppato, che è la questione del Terzo mondo, rimane invariata nelle sue espressioni più appariscenti.”

 

Il gruppo si interroga inoltre circa la propria relazione con il movimento studentesco, anche considerando la diversa dimensione che questo aveva assunto nel Mezzogiorno.

 

La prima cosa che si trovò dinanzi l’esiguo gruppo politicizzato era appunto la realtà diversa in cui si operava nei confronti del Nord.

Documenti e analisi che si elaborarono, dovevano tenere presente questa precisa situazione:

la maggioranza degli studenti era spoliticizzata e amorfa

l’80% di questa massa, inoltre, viaggiava e difficilmente si poteva aprire con questi un qualsiasi dialogo nei momenti extrascolastici.

La radicalizzazione di alcuni gruppi portò ad un nuovo linguaggio ed alla chiarificazione delle prospettive di lotta.

Il problema degli studenti veniva così inquadrato nel momento della lotta di tutti gli sfruttati.

Nacquero i primi gruppi ben distinti, nacque così la nostra sede.

Nacque da ciò l’esigenza di un coordinamento all’interno delle nostre file per proiettarci all’esterno con una politica autenticamente anarchica.

 

 

 

4.21967, i primi scontri

Il gruppo anarchico si mobilita proiettato sia verso l’esterno, sensibilizzando l’opinione pubblica nei confronti dei temi internazionali (antimilitarismo, obiezione di coscienza etc.) e recependo le lotte comuni del movimento anarchico italiano, sia verso la propria realtà, partecipando il più possibile e intervenendo nelle mobilitazioni locali.

Gli anarchici sono ad esempio vicini agli operai delle O.M.E.C.A (Officine meccaniche calabresi), nel corso di alcune manifestazioni indette dai sindacati. Così raccontano su «Umanità Nova» il loro intervento nel corso di un’assemblea:

Quando hanno preso la parola gli esponenti dei vari partiti politici, il nostro gruppo ha incominciato a protestare con l’ausilio di un megafono. Si è richiamata l’attenzione dei lavoratori sulla necessità di un unico organismo sindacale assolutamente autonomo da ogni influenza di partito e che sia al servizio dei lavoratori e non dei gruppi politici. Abbiamo altresì illustrato come l’interessamento dei rappresentanti dei partiti sia dovuto esclusivamente a speculazione elettorale, e come non vi sia mai stata da parte dei governi che si sono succeduti nelle diverse legislature un vivo interessamento in favore dei lavoratori del Sud. Questi infatti sono costretti ad emigrare all’estero, e ciò con viva soddisfazione dei governanti per il notevole apporto di valuta pregiata che ne deriva.

Il4 luglio 1967 inizia in Spagna il processo controi cinque anarchici arrestati nell’autunno dell’anno precedente con l’accusa di aver progettato il rapimento di monsignor Ussia a Roma. La mobilitazione in favore dei cinque esponenti libertari coinvolge tutto il mondo, mentre iniziano gli scioperi della fame in numerose città italiane. Per avere il massimo di risonanza, a Roma i giovani della FAGI chiedono alla libreria Feltrinelli, all’ANPI e a diversi partiti politici di ospitare gli scioperanti ma solo i radicali accettano.

Manifestini vengono distribuiti in numerose città tra cui Bologna, Livorno, dove si tiene anche un comizio, e Reggio Calabria.

Tra le iniziative più significative intraprese dal gruppo anarchico reggino ci sono le manifestazioni antimilitariste al porto di Reggio Calabria per le quali tra l’altro- due anni dopo- dovranno rispondere in sede giudiziaria.

Il 13 marzo 1967 un numeroso gruppo di ragazzi inscena una manifestazione al molo «Margottino» del porto dove si trovavano otto corvette della Marina Militare, di cui quattro appena varate dai cantieri navali di La Spezia.

I compagni giunti davanti alle corvette, di cui era permessa la visita proprio in quelle ore, hanno sfilato silenziosamente, mettendo chiaramente in mostra i loro cartelli, in cui si protestava contro il militarismo e l’armamento, nonché contro le recenti dichiarazioni del cardinale Spellman, definito il “guerrafondaio di Cristo”, e si inneggiava all’anarchia e all’obiezione di coscienza, destando vivo interesse nei marinai e in quanti si trovavano colà.

Dopo una mezz’ora arriva la polizia, che intima ai manifestanti di sciogliersi.

I compagni, sordi alle richieste sempre più pressanti della P.S., rimanevano fermi nel loro ostinato silenzio, provocando così una violenta reazione delle truppe governative, che, strappati loro i cartelli, ricorrevano alle vie di fatto.

«La Tribuna del Mezzogiorno», quotidiano messinese, scrive il giorno successivo in un piccolo box:

Manifestazione insulsa dei capelloni…un gruppo di capelloni, trasandati e urlanti, hanno protestato contro le corvette della Marina Militare…sbraitando parole incomprensibili, uno spettacolo miserando.

Alcuni dei manifestanti vengono fermati e interrogati. Fra di loro ci sono anche Gianni Aricò e Angelo Casile che, entrando in commissariato, si sofferma su una foto di un cane poliziotto dicendo agli agenti:« Che bel questore!Vedo che la foto del questore la tenete sempre a posto!!».

Nel corso degli interrogatori Casile dichiara: «Nella fattispecie non ho commesso alcun reato, si è trattato di una manifestazione seria, e per nulla socialmente pericolosa come affermate.»

Aricò: «Mi stavo recando al porto dove mio padre possiede un deposito di oli combustibili, quando ho notato un gruppo di giovani seduti sulla banchina antistante le corvette, che inneggiava con dei manoscritti; resomi conto che predetti giovani manifestavano anche idee anarchiche, mi associai a loro perché anch’io condivido le loro idee, non ravviso alcun reato a mostrare a tutti l’inutilità degli armamenti.»

Al termine della manifestazione, quattro giovani saranno denunciati a piede libero per manifestazione non autorizzata e apologia di reato, dato che all’epoca l’obiezione di coscienza era illegale.

Casile e Aricò vengono inoltre indicati dal maresciallo dei carabinieri Luigi Micheli come gli organizzatori della manifestazione «non foss’altro perché gli stessi sono sempre presenti in manifestazioni del genere.»

Fra l’ottobre e il novembre 1969 si celebra a Reggio il processo; fra il 24 e il 27 ottobre, data della prima udienza, giungono in città ospitati nella Baracca alcuni anarchici romani conosciuti nel corso di manifestazioni e collaborazioni e appartenenti al gruppo «22 Marzo»tra cui Pietro Valpreda, AnneliseBorth, Roberto Mander, Emilio Borghese.

 

Così ricorda Valpreda alcuni anni dopo:

In Calabria è ancora estate: stendiamo i nostri sacchi a pelo in riva al mare e dormiamo sotto le stelle. È una notte bellissima, stellata, tiepida…Ho ancora negli occhi il profilo della costa, la luna sulle onde…

Gli anarchici reggini sono difesi dall’avvocato messinese La Torre, esponente storico del movimento anarchico che patrocinava gratuitamente i compagni.

Nonostante le richieste del pubblico ministero di un anno e tre mesi di reclusione, la vicenda si conclude con l’assoluzione con formula piena dei quattro anarchici accusati.

Il giorno successivo «La Tribuna del Mezzogiorno» titola:

Assolti quattro studenti che inneggiarono all’anarchia

E nel catenaccio:

Presenti in aula molti capelloni solidali con gli imputati

L’articolo prosegue:

Gli imputati comparsi a piede libero nell’aula delle pubbliche udienze, sono stati confortati dalla presenza di un folto stuolo di capelloni, venuti a quel che sembra da Roma per spalleggiare i colleghi”.

Così racconta «Umanità Nova»:

Molti compagni presenti, venuti anche da Roma, hanno voluto manifestare la loro solidarietà ai compagni imputati. Dopo la chiusura del dibattimento, una cinquantina di essi manifestano fuori dal Palazzo di giustizia la loro esultanza cantando inni anarchici, ciò che dà luogo ai soliti brutali interventi della polizia per sciogliere la manifestazione. A gruppetti, quindi, i nostri compagni raggiungono la loro sede per un’assemblea.

 

 

4.3 1968: iragazzi ancora in piazza

Altri due scontri vedono coinvolti i giovani anarchici reggini nel corso del 1968. Nonostante l’eco delle lotte del Movimento Studentesco giunga all’estrema periferia del meridione in maniera estremamente attutita, la tensione è percepibile anche qui.

Fra il settembre e l’ottobre 1968 si scatena in Italia la contestazione davanti ai cinema; l’oggetto delle proteste è un film, «Berretti verdi», il cui protagonista John Wayne veste i panni di un capitano dei marine, una sorta di eroe nazionale che combatte contro il nemico vietcong.

Il 4 ottobre il film è in programmazione al cinema Margherita di Reggio Calabria, sul corso principale della città. Una cinquantina di ragazzi, tra i quali ci sono anarchici, giovani comunisti, studenti della sinistra extraparlamentare, si radunano davanti all’ingresso del cinema per impedire l’accesso in sala. Subito si viene a creare un assembramento e velocemente giungono sul posto funzionari e agenti di polizia. Sul marciapiede di fronte nel frattempo si radunano i giovani fascisti della Giovane Italia e di Avanguardia Nazionale.

Dopo poco la polizia, guidata dal vicequestore De Simone, carica la folla di contestatori. Quattro giovani tra i quali Aricò, tra l’altro ferito, e Casile vengono fermati. La folla dei ragazzi tenta di ostacolare il passaggio degli automezzi della polizia ma, non riuscendoci, è costretta a ripiegare occupando la carreggiata all’altezza di piazza Duomo. A questo punto, per sgomberare il secondo presidio che si è costituito arrivano altre forze dell’ordine. Il deputato del PCI Adolfo Fiumanò tenta di intervenire presso il questore Santillo per ottenere il rilascio dei ragazzi, ma questi si rifiuta persino di riceverlo.

La protesta prosegue e i dimostranti sono sempre più numerosi: per cercare di riportare la situazione alla calma giungono dalla vicina sede del PCI alcuni dirigenti, tra i quali il segretario regionale della Camera del Lavoro Francesco Catanzariti. Allo stesso tempo, però, sopraggiungono i fascisti ed iniziano gli scontri tra le due fazioni; lo stesso Catanzariti viene ferito e riporta la frattura del setto nasale. Vengono feriti nove tra carabinieri e poliziotti, e fermati due esponenti della Giovane Italia e cinque della sinistra “filocinese”.L’assembramento è sciolto poco dopo definitivamente, i giovani si disperdono per le vie secondarie e intorno alle 21 il traffico riprende regolarmente.

I manifestanti fermati, intanto, sono accusati di «aver organizzato una riunione in luogo pubblico senza la preventiva notifica all’autorità di P.S. e per aver emesso grida sediziose e per disturbo di pubblico spettacolo.»

Aricò, nel frattempo, è ricoverato agli Ospedali Riuniti; il referto del medico Fortunato Rodotà, di turno al pronto soccorso, certifica: «contusioni escoriate al capo, con ematoma regione occipitale e cervicale, con lieve stato di shock, guaribile in giorni quattro.» Gli vengono applicati sette punti di sutura, provocati da tre colpi di manganello e successivi colpi di catena, così come confermano le numerose testimonianze:

«Aricò è stato colpito ripetutamente in testa con le catenelle in dotazione alla polizia, ritengo dipoter identificare i due agenti che ho visto personalmente…»

«Ho visto l’Aricò aggredito da due persone in abito borghese, mentre il predetto era a terra…»

La versione ufficiale dei fatti della Polizia è invece la seguente:

I manifestanti divenuti sempre più minacciosi, tentavano di contrastare attivamente gli agenti, per cui si riteneva necessario, al fine di evitare che la manifestazione non autorizzata potesse generare con turbativa dell’ordine pubblico, di procedere al temporaneo fermo ed accompagnamento in Questura di alcuni elementi, tra i più facinorosi, che venivano successivamente identificati in Aricò Giovanni (…) e Casile Angelo, in oggetto generalizzati.”

I funzionari di Polizia dichiareranno in seguito:

Si smentisce categoricamente l’uso di manganelli, catene o altri corpi contundenti da parte degli agenti di P.S. dato che non vi era la necessità…

Si presume che l’Aricò abbia, in effetti, riportato le contusioni sopra menzionate rimanendo travolto dai dimostranti nel fuggi fuggi determinatosi durante il contrasto opposto all’intervento delle forze di polizia, davanti al suddetto cinema.”

Il 12 ottobre «Umanità Nova» titola:

A Reggio Calabria come nel Messico?

La settimana successiva pubblica una fotografia nella quale sono raffigurati i manifestanti pacificamente seduti a terra, disarmati, e addirittura sorridenti tra i poliziotti. Dunque, si chiede il settimanale anarchico, chi aveva i manganelli che hanno causato i feriti? E chi sono gli autori delle manganellate se gli anarchici sono stati denunciati esclusivamente per «manifestazione non autorizzata»?

In novembre una protesta contro il raddoppio del prezzo dell’abbonamento da parte dell’azienda municipale dei trasporti vede ancora una volta la partecipazione degli anarchici reggini.

Il giorno successivo «LaGazzetta del Sud» esce con un fondo firmato da Ludovico Ligato dal titolo «Barba e capelli», nel quale attacca «i giovani figli di papà che vogliono fare la rivoluzione».

Gli anarchici reggini, a causa della loro esposizione in questo genere di episodi, sono inoltre spesso al centro dell’interesse della polizia.

Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1969 subito dopo l’esplosione di ordigni contro diverse sedi di partito in città, alle 2:30 la polizia fa irruzione a casa di Casile e Aricò. Gli agenti ricercano materiale esplosivo, ma sequestrano esclusivamente libri «di carattere ideologico e propagandistico».Dopo un fermo durato appena qualche ora, i due vengono rilasciati.

Stesso copione pochi mesi dopo quando, all’alba del 22 gennaio 1970, il nucleo investigativo dei carabinieri, insieme alla polizia,esegue perquisizioni domiciliari in molte abitazioni degli anarchici reggini con mandato del giudice Gaeta a seguito delle bombe del 12 dicembre.

Si cercano indizi legati al viaggio effettuato da Valpreda, all’epoca ancora il “mostro” per quasi tutta l’opinione pubblica italiana, a Reggio Calabria nell’ottobre dell’anno precedente. Nelle abitazioni dei ragazzi vengono sequestrati opuscoli, libri, riviste, agende, corrispondenza e oggetti personali.

La caccia agli anarchici è nel suo vivo.

Bruno Misefari era stato un anarchico protagonista, insieme a Barbieri, della corrente libertaria calabrese; dopo essere stato processato e incarcerato per diserzione nell’Italia fascista, si rifugiò come esule a Lugano.

 

Sottolineato nel testo originale

Dibattito pre-convegno dei Gruppi e militanti della FAGI; intervento del Gruppo “Bruno Misefari”, gennaio 1968

 

Ibidem

Ibidem

Ibidem

Relazione convegno FAGI di Ancona, 31 ottobre 1967

«L’Agitazione del Sud», Marzo 1967

Ibidem

In Cuzzola, op.cit.

Cuzzola, op. cit.

Giovanni Aricò, Angelo Casile, Andrea Soledo e Francesco Spinelli

Cuzzola, op.cit.

Valpreda, op.cit.

«Umanità Nova», 15 novembre 1969

 

Dagli atti processuali contenenti gli interrogatori dei testimoni, in Cuzzola, op.cit.

Ibidem

Ibidem

In Cuzzola, op. cit.

«Umanità Nova», 19 ottobre 1968; fotografia in allegato

«Umanità Nova», 26 aprile 1969

 

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CINQUE ANARCHICI DEL SUD
UNA STORIA DEGLI ANNI SETTANTA

Introduzione

Parte 1

Capitolo 1 Dall’estremo Sud lungo le strade d’Europa

Capitolo 2
La scoperta dell’anarchia

Capitolo 3 L’anarchismo italiano alla ricerca di un nuovo equilibrio

Capitolo 4
L’adesione all’anarchia

Capitolo 5
Controcultura e controinformazione

Parte 2

Capitolo 6
1969:gli scontri di piazza e l’entrata in scena delle bombe

Capitolo 7
La strage di piazza Fontana

Capitolo 8
La rivolta di Reggio Calabria

Capitolo 9
Il deragliamento della “Freccia del Sud”

Capitolo 10
Nella notte di Ferentino

Capitolo 11
Luci e ombre di un incidente

Bibliografia