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In Italia si va on-line
senza voglia e senza energia
Colloquio con Mauro Sarrica* (a cura di Maria Itri)
Quali sono stati gli obiettivi della ricerca?
Alla base c’è la consapevolezza che sebbene esistano molte riflessioni dal punto di vista teorico che comparano il giornalismo on-line e cartaceo, il numero di ricerche empiriche in realtà è abbastanza ridotto. Partendo da questo, è stato creata una rete di ricercatori a livello europeo con l’obiettivo di fare un’analisi del contenuto in termini quantitativi. Le rilevazioni sono state effettuate simultaneamente in una data precisa, l’8 ottobre 2003, e solo sulle prime pagine.
Quali caratteristiche dell’informazione nel nostro paese sono emerse?
Abbiamo notato una grande omogeneità sia nel cartaceo che nell’on-line: tutti e due i mezzi sono infatti molto simili tra loro, sia nell’organizzazione formale che nei contenuti. Per la carta stampata questa situazione può essere anche comprensibile: c’è una storia e una tradizione più lunga che porta forse anche alla ricerca di strutture spesso più standardizzate, oltre ovviamente ai limiti legati al mezzo stesso come la dimensione della pagine. Per l’on-line questo si rivela una mancanza grave o forse addirittura una strategia difensiva, un tentativo in qualche modo di mantenersi nella media, di non rischiare troppo.
Sono limiti che si ritrovano anche nelle analisi degli altri paesi?
Si possono individuare due aree: quella mediterranea, ancora un po’ indietro, e il Nord Europa, dove l’attenzione è maggiore nei confronti delle opportunità del mezzo,e i servizi al lettore sono di più.
Qual è il peso della multimedialità nei siti di informazione italiani?
Tre anni fa, al momento della ricerca, era molto scarso, ma possiamo fare una riflessione in prospettiva. Nel 2003 le opportunità fornite da Internet sono appena appena accennate: possiamo trovare l’archivio, un minimo di servizi come le previsioni di tempo e traffico, ma ad esempio manca l’e-mail, che potrebbe essere un servizio di interattività a costo zero, e avvicina il giornalista al lettore. C’è sempre l’impressione che si vada on line perché bisogna, perché è la modernità , e perché ci si rende conto che potrebbe essere uno sviluppo per il futuro, ma ancora non si affonda il colpo, si rimane in sospeso. Bisognerebbe parlare con i giornalisti e gli editori per capire queste scelte: l’ipotesi che facciamo noi è che ci sia un’idea di fondo di mantenere ben differenziati i due canali, anche per evitare che l’on-line, la cui versione a pagamento non ha funzionato, non sottragga lettori al “vero” giornale di carta stampata. Ecco perché ad esempio gli articoli che appaiono sul Web sono di contenuto ridotto, e la presenza di notizie di scarsa importanza, di cronaca o curiosità sono maggiori rispetto al cartaceo. Inoltre moltissime di queste notizie sono anonime, prive di firma.
La scelta di non firmare molti dei pezzi dell’edizione elettronica che significato ha?
Da un lato mina la credibilità a livello implicito. La notizia non firmata, a prescindere dal suo contenuto, resta una notizia a metà, che non può fare riferimento a chi la scritta e sembra una delle tante notizie della rete. L’unica fonte di credibilità è la testata, ma aggiungendo la firma si raddoppierebbe la credibilità fornendo al lettore due rimandi ad una assunzione di responsabilità. Questo contribuisce a rendere differenti i giornali di carta stampata, più autorevoli, rispetto a quelli on-line, più “fluidi”. Dall’altro lato si può pensare - ma questo devono dirlo i giornalisti - che si tratti di una strategia nelle relazioni tra lavoratori e datori di lavoro. Alla fine le firme che sono presenti on line sono le firme di giornalisti “quotati”, affermati, e spesso si formano, almeno nella percezione dei lettori, quasi due classi di giornalisti. L’idea che ci siamo fatti è che consentire che le redazione Web firmino come quelle che si occupano del cartaceo, o meglio, consentire che ci siano giornalisti di pari rango che si occupano delle notizie sul sito allo stesso modo che sulla carta, porterebbe alla richiesta di fare il lavoro allo stesso modo, sfruttando le potenzialità del mezzo e la professionalità dei giornalisti. Anche oggi esistono comunque delle differenze significative: ci sono testate che ancora riportano sul web il cartaceo, senza nessun genere di servizio in più.
Quali sono le categorie di notizie più presenti in Rete?
Emergono tre tipi di notizie: quelle interne collocate in un non-luogo (è stato detto/fatto da qualche parte) molto differenti dallo stile del giornalismo anglosassone così attento ai riferimenti; le notizie tipicamente italiane; e infine quelle relative agli Stati Uniti e ai paesi orientali. Completamente assente la dimensione europea. Se vogliamo pensare all’Italia come parte dell’Europa dei popoli il mondo dell’informazione dovrà riflettere su questa assenza.
Cosa deve cambiare in Italia?
Sicuramente la strategia. Abbiamo visitato in Olanda una redazione Internet che lavorava in un open space in mezzo ai colleghi del cartaceo: lì l’interscambio era continuo, le redazioni erano praticamente fuse, si mirava a fare in modo che tutti si sentissero parte dello stesso giornale.
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* Mauro Sarrica è ricercatore all’ Istituto di Psicologia generale all’ Università di Padova e ha pubblicato diverse ricerche sul rapporto fra giornali cartacei e online. Può essere raggiunto a : [email protected]
Intervista a Mauro Sarrica
Print and online newspapers in Europe
Capitolo 1 – Introduzione
Capitolo 2 – Lo sviluppo dei giornali online
Capitolo 3 – Profilo dei giornali online e a stampa in Europa
Capitolo 13 – L’ Italia
Capitolo 20 – Conclusioni
Bibliografia
L’"io minimo" dell'interattività nei giornali online,
di Leopoldina Fortunati |
Intervista a Mauro Sarrica
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