Appendice 2

Conflitto e mass media nel Venezuela di Chavez

di Eliza Tanner Hawkins
Assistant Professor Department of Communications. Brigham Young University
March 2003Prepared for delivery at the 2003 meeting of the Latin American Studies Association, Dallas , Texas , March 27-29, 2003.

 

http://136.142.158.105/Lasa2003/TannerHawkinsEliza.pdf

A mano a mano che la crisi in Venezuela si intensificava durante il 2002 e il 2003, i mass media sono stati sempre più al centro del conflitto, trasmettendo informazioni, prendendo posizione attivamente e mobilitando il sostegno alle differenti fazioni della società. Il presidente Hugo Chavez Frias si è ripetutamente presentato davanti alle telecamere per elaborare la sua visione della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela e per denunciare i media di opposizione, definendo le stazioni televisive "terroriste" e chiamandole "I quattro cavalieri dell' Apocalisse". I media dell'opposizione hanno fornito le loro versioni dei fatti, attaccando Chavez e gli "atti di terrorismo" del governo e mandando in onda centinaia di spot che spingevano gli spettatori a unirsi alle proteste contro il governo.

I dibattiti online e le chat erano zeppi di riferimenti ai servizi dei giornali; i partecipanti inserivano foto e immagini provenienti da agenzie di stampa o emittenti locali per provare le loro affermazioni. Furono creati siti web per promuovere i vari gruppi e facilitare la comunicazione fra i sostenitori in tutto il mondo. In strade, uffici, case, e on-line, la gente discuteva di politica e del modo con cui i media seguivano i fatti. Ma il conflitto non era limitato alle discussioni a voce o per iscritto. Partiva dalle parole e diventava attacco fisico o legale contro le redazioni, i giornalisti e gli editori.

Questo lavoro analizza come i media, più che riflettere i problemi e le scadenze del giorno, siano stati degli attori politici importanti nella società venezuelana. Infatti, ignorare il ruolo dei media privati e gli affari dei media statali in un'analisi del conflitto fra interessi politici e di gruppo significherebbe limitare la comprensione e l'analisi dei recenti avvenimenti.

Lo studio è basato sull' idea che libertà di espressione e libertà di stampa sono essenziali per la democrazia e che i media giocano un ruolo essenziale nel facilitare il dibattito pubblico. La sfera pubblica è quell' arena della società in cui il cittadino può discutere, in cui si forma l' opinione pubblica e che alla fine modella e guida le azioni di un governo democratico. Azioni particolari da parte di gruppi o di individui, limitazioni di carattere strutturale e anche il discorso corrente può inibire o distruggere la sfera pubblica: tutte queste variabili hanno delle implicazioni per la qualità della democrazia.

La ricerca è importante perché può accrescere la nostra comprensione del ruolo che i media giocano nel plasmare la pubblica sfera in tempi di conflitto e polarizzazione politica. I dati alla base di questo lavoro sono stati raccolti ricorrendo a diversi metodi qualitativi, incluse ricerche storiche e legali, e su una serie di interviste con professionisti dei media e funzionari di governo a Caracas nel corso del febbraio 2003.

Lo sfondo

Il Venezuela è ben noto per la passione e la competitività dei suoi media commerciali, dominati da alcuni gruppi familiari. Questi gruppi includono Phelps/Granier (emittenza, Radio Caracas Television - RCTV), Cisneros (emittenza, Venevision e Televen), Armas (stampa, El Universal, Meridiano e Diario 2001), Otero (stampa, El Nacional) e Capriles (stampa, El Mundo e Ultima Noticias). Le due principali emittenti televisive, RCTV e Venevision,avevano nel 2001 più del 30% ciascuna del mercato. Anche il governo è presente nel settore dei media con una tv, radio e stampa (anche se la loro diffusione è molto piccola) - con circa il 2% dello share con Venezolana de Tv nel 2001.

Una serie di studi condotti a partire dal 1988 ha rivelato che i Venezuelani in genere hanno un immagine positiva dei mezzi d' informazione. Se viene loro chiesto di dire se i media stanno lavorando per risolvere i problemi del paese, la maggioranza della popolazione risponde "sì". Questa valutazione positiva viene comparata con le altre istituzioni sociali -governo, forze armate, la Chiesa cattolica e le amministrazioni locali - nella Figura 1. Così, se negli ultimi due anni la popolarità di Chavez è scesa, i media hanno continuato invece generalmente a conservare una immagine positiva.

(....)

I media in Venezuela hanno visto il loro quadro giuridico cambiare a partire da quando Hugo Chavez Frias, un ex ufficiale e leader del fallito golpe del 1992, è arrivato al potere nel 1998 col 57% del voto popolare, promettendo di creare una "Nuova democrazia" e di liberare il paese dalla corruzione. In un anno, Chavez e il suo Movimento Quinta Repubblica (MVR) hanno messo fine alla quarantennale democrazia - detta nel paese "Punto Fijo" - e delineato una nuova Costituzione, che è stata approvata dal 72% dei votanti. Sotto di essa Chavez è stato rieletto presidente per altri sei anni.

La nuova costituzione come testo sacro

Chavez e i suoi sostenitori guardano alla Costituzione come a un testo quasi sacro, che fornisce tutti i migliori strumenti per la ristrutturazione della società venezuelana. Durante le sue frequenti apparizioni in tv è difficile che non compaia con una copia della Costituzione nelle mani.

I media e le organizzazioni per la libertà di stampa sostengono con forza che la clausola che stabilisce il diritto a una informazione "tempestiva, veritiera e imparziale" (*) può essere utilizzata come un pretesto per una censura governativa se il governo diventa l' istituzione che stabilisce che cosa sia "veritiero" o "imparziale".

La professione giornalistica è regolata da una legge del 1994 secondo la quale ogni giornalista deve avere una laurea in giornalismo ed essere iscritto a un Collegio nazionale dei giornalisti. Questa legge viene osteggiata dagli editori e dai proprietari dei gruppi mediatici - fra i quali il Bloque de Prensa Venezolano e la Inter American Press Association (SIP, Sociedad interamericana de prensa, o IAPA, ndr), i quali sostengono che un tale requisito minaccia la libertà di espressione.

Molti giornalisti invece guardano alla legge come a un mezzo per accrescere la professionalità del proprio lavoro e per controbilanciare l' eccessivo potere dei proprietari. Questa legge continua a restare in vigore nonostante che la Corte Interamericana abbia stabilito che l' obbligo dell' iscrizione al Collegio violi il principio della libertà di espressione di cui all' articolo 13 della Convenzione interamericana sui diritti umani. Organismi come il Collegio o analoghe organizzazioni professionali impongono codici etici per tutti i loro iscritti, anche se nei fatti ci possono essere dei gap fra quei codici e la pratica quotidiana del giornalismo. Il quadro giuridico potrebbe però cambiare ancora se verrà approvata la nuova legge sul settore radiotelevisivo, che è in discussione all' Assemblea nazionale (la cosiddetta Ley de contenido )

(...)

(*) Dalla Costituzione del 1999

Artícolo 57. Tutti hanno diritto a esprimere liberamente il loro pensiero, le loro idee od opinioni a voce, per iscritto o per mezzo di qualsiasi forma di espressione, e di fare uso per questo di qualsiasi mezzo di comunicazione e diffusione, senza alcuna censura. Chi fa uso di questo diritto si assume la piena responsabilità di tutto quello che afferma. Non sono permessi l' anonimato, né la propaganda di guerra, né i messaggi discriminatori né quelli che possono promuovere l' intolleranza religiosa.

Artícolo 58. La comunicazione è libera e pluralista e comporta i doveri e le responsabilità previste dalla legge. Tutti hanno diritto a una informazione tempestiva, veritiera e imparziale, senza censura, in accordo con i principi di questa Costituzione, così come al diritto di replica e di rettifica quando si vedano colpiti da informazioni inesatte o diffamatorie. I bambini, le bambine e gli adolescenti hanno diritto a ricevere una informazione adeguata per un loro sviluppo integrale.

Alò presidente: Chavez e i media

Chavez è estremamente abile nell' uso dei media. La sua popolarità risale a una breve apparizione fatta nel febbraio 1992, quando si rivolse alle truppe durante il fallito golpe. Secondo l' economista venezuelano Moises Naim, questo messaggio televisivo di appena due minuti contribuì alla destabilizzazione della democrazia venezuelana molto di più di tutti i colpi di arma da fuoco sparati quella notte. Nella sua impeccabile uniforme, senza mostrare alcun segno di stanchezza o di stress, Chavez fece un breve discorso, prima sottolineando i suoi principi bolivariani, poi sostenendo:

'Sfortunatamente, per ora, gli obbiettivi che ci ponevamo a Caracas non sono stati raggiunti. In pratica a Caracas non abbiamo assunto il controllo del potere (...) Ora è il momento di evitare un nuovo bagno di sangue; è tempo di riflettere. Avremo nuove occasioni. Il paese alla fine dovrà mettersi in marcia verso un destino migliore'.

"Chavez - continua Naim - era uno spettacolo irresistibile e fuori del comune per gli spettatori televisivi, abituati alle astuzie verbali dei politici tradizionali: un personaggio pubblico che riconosceva di aver personalmente perduto, mentre quegli altri avrebbero sostenuto di aver fatto chissà che cosa; che manteneva la sua posizione anche dopo una sconfitta; che affrontava le responsabilità e non cercava di sottrarsi alle ripercussioni delle sue azioni. La sua immagine televisiva comunicava la possibilità di un cambiamento, un salto rispetto agli schemi politici ed economici tradizionali utilizzati di solito per affrontare i problemi del paese. Un nuovo volto, slegato dalle strutture del potere tradizionale, che offriva la chance di far tornare il paese alla prosperità, all' uguaglianza e all' integrità era un programma destinato a richiamare l' audience delle masse. Quel programma era, nei fatti, un richiamo primitivo alla facile illusione che ogni cambiamento porti con sé un progresso".

La sua abilità nell' uso del linguaggio e dei media è poi cresciuta da quella sua prima apparizione. Lo stile e la retorica fanno pensare ai primi leader populisti dell' America latina. Un dirigente del MVR (Movimento Quinta Repubblica) notava che Chavez aveva coltivato uno specifico manierismo retorico ispirato a Jorge Gaitan (**), ma con un taglio militaresco e un po' più 'urlato'. Subito dopo il suo arrivo al potere, un commentatore scrisse che "un' altra ragione per cui i media e i venezuelani danno tanta attenzione ai discorsi di Chavez e alle sue apparizioni in tv è quella miscela di appassionata retorica populista, impeto, stile non convenzionale, espressioni oltre le righe e aneddoti coloriti. Chavez usa il linguaggio comune - comprese parole sconce ed espressioni volgari - se quelle particolari immagini gli possono servire per rivolgersi alle classi più povere del Venezuela.

Chavez usa i media in molti modi. Prima di tutto per rafforzare il suo fascino carismatico e populista. Per aumentare questo appeal, dopo la sua elezione Chavez ha creato un settimanale, El correo del Presidente e avviato un talk show radiotelevisivo settimanale chiamato Alò Presidente. Il progetto del giornale ha avuto breve vita, ma il talk show è andato avanti.

La trasmissione radiotelevisiva settimanale, che può durare fino a quattro o cinque ore, gli consente di parlare direttamente ai Venezuelani e permette ai cittadini di chiamarlo e di intervenire in diretta sui loro problemi. Questi show hanno incantato alcuni segmenti di popolazione - soprattutto quelli che Chavez ritiene siano la base del suo sostegno -, hanno modificato l' immagine del presidente e "legato quegli strati popolari più strettamente al presidente". ***

Chavez costruisce la sua base di appoggio nel popolo portandolo a identificarsi direttamente con lui, senza nessun intervento di partiti o movimenti, compreso il MVR, il suo partito.

** Poeta colombiano, nato a Pamplona nel 1924 e morto in un incidente aereo nel 1962.

*** Trascrizioni e resoconti di quei discorsi - così come di altri interventi di Chavez - sono disponibili sul sito presidenziale "http://www.venezuela.gov.ve". Un breve esempio di un tipico dialogo fra un cittadino e il presidente è contenuto nell' appendice A al testo originale di questo lavoro. (http://136.142.158.105/Lasa2003/TannerHawkinsEliza.pdf)

In secondo luogo, egli usa l' emittenza radiotelevisiva per imporre l' agenda politica, per mobilitare politicamente i suoi sostenitori e per annunciare i suoi progetti politici. "Il programma Alò Presidente è splendido per lui", ha detto il direttore dell' informazione di RCTV, "perché ha capito che, quando offre i suoi punti di vista o esprime le sue opinioni... è lui a costruire l' agenda della pubblica opinione per la settimana successiva". Per il resto della settimana tutti i media si focalizzano sulle questioni poste da lui.

Chavez usa il mezzo radiotelevisivo come uno strumento politico per mobilitare politicamente i suoi sostenitori. Lo ha fatto dall' inizio della campagna elettorale per il suo partito. Durante la campagna del luglio 1999 per il Parlamento che doveva scrivere la nuova Costituzione, il CNE (Consiglio nazionale elettorale) "aveva staccato la spina" ai suoi programmi radiotelevisivi perché Chavez aveva "violato la legge aprendo la campagna per la sua coalizione di sinistra, il Polo Patriottico (PP)". Chavez attaccò il CNE in una trasmissione nazionale e la settimana successiva alcuni suoi sostenitori protestarono davanti al palazzo della Commissione e fecero una colletta per cercare di pagare i 7.700 dollari di multa inflitti al presidente. Comunque, sempre più spesso, quando Chavez comincerà a porre qualche questione, subito, in pochi giorni o settimane, qualcuno cercherà di eseguire i suoi desideri. A seconda delle circostanze Chavez e i suoi sostenitori giudicheranno l' azione come un' iniziativa popolare spontanea oppure respingeranno qualsiasi legame con essa. I suoi oppositori rilevano come questo modello di comunicazione sia una tecnica ingegnosa che Chavez usa per mobilitare i suoi fans senza essere coinvolto direttamente nell' azione.

Un esempio. Il 16 febbraio 2003, durante la sua trasmissione settimanale Chavez, parlando con un avvocato da Maracay, disse che "il potere giudiziario è ancora nelle mani di un pugno di banditi...". "Non è possibile - aggiunse - che non ci sia un giudice che metta i terroristi in galera. Dove sono i giudici in Venezuela?". Dopo un lungo discorso sui problemi della giustizia, Chavez concluse sostenendo che il potere giudiziario "non può essere nelle mani di banditi corrotti o vigliacchi. Noi abbiamo bisogno di giudici costituzionali che impongano la legge". Quella stessa settimana un giudice che era in sintonia con Chavez ordinò l' arresto del presidente di Federcameras, Carlos Fernandez, uno dei principali leader dello sciopero nazionale. Chavez ne fu estremamente soddisfatto e ringraziò il magistrato per il suo intervento nei giorni seguenti.

In un altro caso, Chavez aveva tenuto un discorso in cui criticava Stati Uniti, Colombia e Spagna per ingerenze negli affari interni del paese. Qualche giorno dopo, il 25 febbraio, sia l' ambasciata colombiana che quella spagnola furono gravemente danneggiate da ordigni esplosivi. Sebbene non fossero noti i responsabili, il giornale Tal Cual accusò Chavez di infiammare il conflitto col suo linguaggio, scrivendo: "E' chiaro che in questo momento ci sono gruppi armati, molto bene armati, che sguazzano nel linguaggio di Chavez e traggono ispirazione dalle sue primitive indicazioni politiche per progetti di azione diretta".

Mobilitando i sostenitori o infiammando gli oppositori, Chavez usa i suoi interventi per annunciare iniziative che sono ancora solo a livello di semplici idee. L' importanza di questa strategia non può essere sottovalutata, in quanto Chavez ha creato un sistema in cui tutte le informazioni e le decisioni sono concentrate nella figura del presidente. I ministri e gli altri funzionari governativi non hanno sostanzialmente alcun potere per poter agire o parlare indipendentemente da lui.

Per esempio, Chavez aveva lanciato un appello alla realizzazione di "Circoli bolivariani", una sorta di organizzazioni sociali popolari. "Il presidente, senza dire che cosa essi dovevano essere, propose al paese di crearli. Nell' aprile 2001, in un discorso, disse: 'Bene, creeremo un movimento che sarà un' organizzazione sociale, i Circoli bolivariani'. Ma non si sapeva che tipo di organizzazione erano o dovevano essere, niente, si sapeva soltanto che ci dovevano essere".

La proposta di Chavez innescò una discussione fra gli esponenti del governo, che si concluse con l' impegno di un progetto che avrebbe "rispettato pienamente i dettati costituzionali", disse il coordinatore generale dei Circoli bolivariani.

Un' altra volta Chavez aveva utilizzato il suo programma settimanale per lanciare specifici atti di governo, come il famoso (o infame) "impallinamento" del management della compagnia petrolifera statale, la PDVSA , nell' aprile 2002. In quel caso Chavez non si era limitato al consueto discorso settimanale, ma aveva usato le reti unificate. Nella prima metà del 2003, Chavez è ricorso a questo sistema per annunciare i controlli sui prezzi e i tassi di cambio, ritenendolo un modo per combattere la disinformazione e le bugie dei media di opposizione. Il direttore di Tal Cual riassume le convinzioni di quanti in Venezuela ritengono che le parole di Chavez siano delle "bombe verbali", che hanno il potenziale per ispirare vari tipi di azione da parte dei suoi sostenitori così come di reazione da parte degli avversari.

Alla fine, anche se la Costituzione contiene due articoli relativi alla libertà di espressione, il modo con cui Chavez e il suo governo guardano a questo diritto è in netto contrasto con quello sostenuto dai gruppi che si battono per i diritti umani e dalle organizzazioni per la libertà di stampa. In un dibattito durante il programma "Halò, presidente" fra Chavez e il ministro dell' interno Diosdado Cabello, Cabello lesse l' articolo 2 della Costituzione, che sottolinea i valori su cui è fondato il Venezuela - vita, libertà, giustizia, eguaglianza, solidarietà, democrazia, responsabilità sociale e, in generale, diritti umani, etica e pluralismo politico - e poi aggiunse: "La libertà di espressione non è inclusa in questi valori fondamentali della Costituzione. Questo significa che quei diritti che noi abbiamo come cittadini sono al di sopra della libertà di espressione, proprio come è stato stabilito dalla nostra Costituzione". Cabello continuò a ragionare, con Chavez che annuiva, sostenendo che è per questo che le leggi che possono limitare la libertà di espressione sono costituzionali, visto che esse sostengono quegli "alti valori" difesi dalla Costituzione.

Attraverso questo uso estensivo dei media e del discorso politico, Chavez spera di continuare e approfondire il suo progetto Bolivariano e di trasformare la società venezuelana. Contrariamente al precedente presidente, "quest' uomo occupa paginate sui giornali e ore intere in tv. In pratica il centro del mondo, l' asse che regge il mondo in Venezuela si chiama Hugho Chavez Frias".

I media statali e alternativi

Il governo controlla diversi media, fra cui l' emittente Venezolana de Tv, Radio Nacional de Venezuela - che include alcune stazioni radio a onde medie, lunghe e corte - l' agenzia d' informazioni Venpres e un mensile pubblicato da quest' ultima. A partire dal 1999 la funzione delle emittenti radiotelevisive pubbliche è cambiato, passando da servizio pubblico con un ruolo educativo a un ruolo politico di sostegno del governo e di Chavez. L' idea di "servizio pubblico" è concepita come trasmissione dell' informazione da e sul governo, essendo il fine ultimo il sostegno della Costituzione e della Rivoluzione bolivariana della società venezuelana. Questo - spiegava un consulente del presidente di Venezolana de Tv - ha portato a un forte aumento del flusso di informazioni rispetto a prima. I programmi informativi sono dedicati a combattere le bugie e le voci diffuse dalle emittenti televisive private. Così, i contenuti dei programmi sono fortemente politicizzati. All' interno di questo progetto i media statali hanno incrementato i loro programmi "partecipativi", in cui le emittenti invitano spesso la gente comune a partecipare alle discussioni.

Alcuni giornalisti dei media pubblici trovano che ci sia un conflitto etico in questo approdo a un ruolo politico e ritengono che essi siano diventati i media privati di Chavez. Un giornalista di Venpres dice: "Ho sempre ritenuto che sia nostro compito dar voce a tutte le parti in causa, ma questa ora non è la nostra politica informativa". Altri parlano di "caccia alle streghe" all' interno degli organici visto che chiunque sia sospettato di essere contro Chavez viene rimosso.

Questo ruolo politico è diventato più pesante da quando molti rappresentanti del governo hanno chiuso i contatti con i giornalisti dei media dell' opposizione mentre il governo raramente invia comunicati o informazioni sui progetti governativi. Giornalisti di vari organi d' informazione sono costretti a monitorare le testate governative e a ripetere quanto è stato ufficialmente trasmesso o pubblicato.

La comunità venezuelana dei media fa risalire a prima della presidenza Chavez questa esperienza di media di movimento che alcune emittenti avevano avviato nel passato decennio, spesso come stazioni "pirata". Tv Rubio e Televisora cultural de Michelena erano state fra le prime emittenti comunitarie in Venezuela. Radio Catia Libre 93,5 aveva cominciato a trasmettere nel 1996 e Radio alternativa, Radio Perola e Radio Attiva de la Vega avevano cominciato a farlo nel 1998. Oltre a radio e tv alcuni media comunitari hanno messo in piedi anche dei siti web.

Il quadro legislativo delle emittenti comunitarie è regolato dal Decreto presidenziale 1.531 del 3 novembre 2001 e dalla Legge organica sulle telecomunicazioni. Secondo Conatel ( la Commissione nazionale tlc) il Venezuela è uno dei pochi paesi dell' America latina (insieme a Cile, Colombia ed Ecuador) dove ci sono norme rivolte direttamente al sostegno dell' emittenza comunitaria. Il governo è impegnato attivamente - attraverso Conatel - a sviluppare le stazioni radiotelevisive no-profit nate per soddisfare i bisogni delle rispettive comunità. La legge è destinata a erigere delle barriere fra il mezzo e i contenuti per favorire il pluralismo delle idee sull' etere. Concessioni o licenze locali vengono assegnate a "fondazioni comunitarie" battezzate con lo scopo di formare una radio o una tv comunitaria; i media comunitari devono far capo alla società civile organizzata. In pratica questo significa che molte delle radio e tv comunitarie sono affiliate ai Circoli bolivariani.

In ogni caso, stando alla legge, i direttori non possono essere funzionari statali, dirigenti locali dei partiti o dei sindacati, personale delle forze armate o gente che lavora per altri mess media. La legge poi prevede la quantità di programmazione che deve essere prodotta dai membri della comunità (70%) così come il tetto massimo della pubblicità. La legge consente comunque alle emittenti comunitarie di vendere e trasmettere spot, seguendo specifiche linee, e di ricevere sostegni dalle amministrazioni locali. Il decreto presidenziale 1522 estende agli operatori dei media comunitari l' esenzione dalle tasse previste dalla legge sulle tlc. Con questo sostegno governativo il numero di radio e tv alternative è cresciuto negli anni scorsi.

Molti dei media alternativi o comunitari hanno come loro obbiettivo quello di "trasformare le profonde ineguaglianze sociali in ciascuna comunità e di stimolare il loro pieno sviluppo". Per fare questo essi vedono la propria funzione come un aiuto alla crescita della democratizzazione dell' accesso ai mezzi di informazione e all' espansione del diritto all' informazione e alla libertà di espressione. Nel corso del 2002 sono stati costituiti diversi network di media comunitari, fra cui RVMC (Rete venezuelana dei media comunitari) e ANMCLA (Associazione media comunitari, liberi e alternativi). Lo scopo di questi network è il sostegno dei media comunitari locali. RVMC dichiara che la sua mission è "promuovere l' esercizio della libertà e la conseguente democratizzazione della comunicazione al fine di sostenere la libertà di espressione, informazione, opinione e contribuire a uno sviluppo equo e sostenibile della società venezuelana". ANMCLA vede la propria funzione nell' aiuto all'emittenza comunitaria a "democratizzare la comunicazione per democratizzare la società".

La Tv comunitaria di Rubio, nello stato di Tachira, è uno dei più antichi progetti di media comunitari in Venezuela. Nel 1995 un gruppo di giovani, molti dei quali artisti, decisero di creare una emittente tv locale per sostenere e pubblicizzare le attività socioculturali di varie organizzazioni non governative, fra cui produzioni di musica, danza e teatro. Molti dei fondatori avevano lavorato con queste Ong fin dagli ultimi anni '80. Il 26 agosto 1995 iniziarono le trasmissioni, visibili in quasi tutta la città. Il principale scopo era creare dei programmi in cui le persone potessero partecipare, "estendendo il dialogo e discutendo le norme sociali collettive, le proposte e i reclami che riceveranno così delle risposte tempestive". Le strutture consistevano in due telecamere e alcune altre semplici attrezzature situate all' ultimo piano di un edificio. Malgrado la mancanza di risorse, la stazione ha continuato a trasmettere sin da allora e ha generato un forte consenso fra gli abitanti che si riuniscono a guardare i notiziari e gli altri programmi quando vanno in onda.

Da notare che ci sono anche alcune stazioni religiose locali, spesso legate alle chiese evangeliche . Queste emittenti tendono a stare fuori dalla politica e hanno un ruolo specifico religioso e di proselitismo. Molti dei media comunitari seguono uno specifico progetto politico: cosa che li rende vulnerabili alla critica di essere diventate dei megafoni a favore di Chavez. Il Conatel consente che le stazioni alternative raccolgano le trasmissioni delle emittenti governative e le ritrasmettano localmente. Nel giugno 2002, Chávez ha trasmesso uno dei suoi discorsi settimanali dalla TV di Catia e ha parlato del suo sostegno alle emittenti comunitarie. In quel periodo il paese aveva almeno nove stazioni tv e sedici radio comunitarie.

I media indipendenti, inclusi i siti web, di Stati Uniti, Canada, ed Europa, hanno mostrato interesse allo sviluppo delle emittenti comunitarie venezuelane e hanno diffuso vari Rapporti sui più recenti avvenimenti in quel paese. I media alternativi sono stati una delle parti del conflitto politico, come è stato possibile vedere durante il breve colpo di stato dell' aprile 2002. Nei giorni in cui Pedro Carmona aveva assunto il potere, le sedi di alcuni media alternativi erano stati assaliti e la Tv governativa fu costretta a fermare le trasmissioni. Nicolás Rivera, un annunciatore di Radio Perola, era stato arrestato, mentre il personale di Catia Tv aveva aiutato la televisione statale a riprendere le trasmissioni di governo quando Chávez era ritornato al potere. Non furono comunque chiari i resoconti su quali fossero le "forze di polizia" che avevano assaltato i media comunitari.

Malgrado le affermazioni secondo cui quelle emittenti sarebbero solo "voci indipendenti delle comunita' ", un crescente numero di esse si uniscono al dibattito politico e assumono un ruolo attivo di sostegno a Chávez ed al governo. Facendolo esse affrontano diverse sfide. Varie radio e tv comunitarie riferiscono di aver ricevuto reclami da parte delle emittenti commerciali e private. Gli addetti di Radio Fe y Alegria, nello stato di Merida, (una emittente sostenuta dalla Chiesa cattolica), hanno spiegato che nel loro primo anno di attività si sono trovati di fronte difficoltà economiche, problemi politici con i sindacati, mancanza di comprensione dell' importanza del ruolo di una radio comunitaria, difficoltà tecniche (non hanno una unità mobile né un computer) e anche qualche problema di carattere sociale come individualismo e apatia. Se il conflitto politico continuerà, sarà interessante vedere se i media alternativi manterranno una identità e una voce separata dai media governativi oppure se finiranno uniti al governo nel loro obbiettivo di difendere il progetto chavista.

Da ardenti sostenitori ad aspri oppositori: i media privati

Gli addetti ai lavori, gli accademici e anche gli analisti dei media sono tutti d' accordo su una cosa: fin dagli scontri del 1989, la stampa venezuelana aveva svolto effettivamente un ruolo politico (ma non necessariamente partigiano) di opposizione al governo e riempito il vuoto lasciato da partiti politici sempre meno rappresentativi. Sono diventati una finestra sulla società, mostrando i problemi sociali e consentendo al popolo di premere direttamente sul governo per risolvere i problemi.

Il Venezuela ha una storia di relazioni conflittuali fra media e governo. Il paese ha varie grosse famiglie proprietari dei media, che tendono a seguire le proprie agende politiche. Come aveva detto uno studioso, "i proprietari dei mezzi di informazione sono veramente gelosi del proprio potere e sanno come usarlo". Nella prima metà degli anni Novanta, sebbene gli editori generalmente non si sentissero collegati con particolari partiti, tendevano a coltivare relazioni strette con quelli al potere e a usare la propria influenza per fare affari e, più raramente, per ottenere incarichi pubblici.

Un grosso dibattito è ancora aperto in relazione alla nuova fase del sistema dei media, che cominciò alla fine dell' epoca della presidenza di Jaime Lusinchi, nel 1988. Nei 10 anni seguenti, i successivi presidenti hanno utilizzato politicamente le concessioni radio e tv, via satellite o cavi, per premiare i loro sostenitori. Diversi analisti hanno documentato il sistema di promozione o di punizione dei politici, compreso il presidente, nella copertura da parte di tv e stampa. I presidenti Lusinchi, Carlos Andreas Perez e Rafael Caldera hanno spesso combattuto gli editori, li hanno messi in galera, chiuso il rubinetto della pubblicità di stato e anche cercato di censurare i loro media. Il grosso dell' influenza politica sui media, tuttavia, tendeva ad essere più sottile e consisteva soprattutto nel chiamare gli editori e i proprietari dei giornali, sentire con loro che problemi c' erano e chiedere di modificare la loro linea.

Nonostante i tentativi del governo di ammorbidire la stampa, "i media, in particolare l' emittenza, hanno denunciato spesso e in modo duro le mancanze e i peccati dei politici e gli ultimi 40 anni di amministrazione democratica". Facendo così essi hanno contribuito alla generale insoddisfazione verso il sistema politico, che probabilmente è stata alla base dell' elezione di Chavez. Gran parte dei padroni dei media, tranne Rafael Poleo - proprietario di El Nuevo Pais e simpatizzante di Accion democratica (AD) - hanno sostenuto Chavez nel 1998. Per esempio Gustavo Cisneros, boss del gruppo omonimo e della Tv Venevision, e Miguel Henrique Otero, l' editore del gruppo di giornali di El Nacional, hanno contribuito con sostanziose donazione di danaro alla campagna elettorale. La stessa moglie di Cisneros ha ricoperto un incarico nel governo Chavez. In sostanza la maggioranza degli editori e dei giornalisti hanno sostenuto Chavez e i cambiamenti che egli prometteva di realizzare in Venezuela.

Dopo appena un anno tutto questo era cambiato. E a partire dal 2003 la maggioranza di giornalisti, direttori ed editori si sono schierati contro Chavez e hanno lanciato allarmi sullo stato della libertà di stampa. Alcuni, fra cui importanti giornalisti della tv e della carta stampata, temono per la loro vita. I giornalisti non possono stare troppo a lungo in strada con le proprie credenziali in vista nel timore di essere attaccati. La televisione RCTV ha fornito giubbotti antiproiettile ai propri addetti impegnati nella copertura di vari servizi e le organizzazioni per la libertà di stampa hanno documentato centinaia di attacchi ai media. Le testate poi si scontrano con problemi legali, come la proposta di legge in discussione in parlamento sui cosiddetti "contenuti", che formalmente ha per scopo la protezione dell' infanzia, ma il cui obbiettivo nascosto è mettere a tacere l' emittenza privata nel paese.

Questi cambiamenti sono attribuibili a diversi eventi chiave. Primo, la luna di miele fra Chavez e i media ebbe di fatto fine nel dicembre 1999 quando i giornali tornarono al loro precedente ruolo di opposizione con i servizi sulle tragiche alluvioni nello stato di Vargas e il dibattito sulla nuova Costituzione. Nel dicembre 1999 dei violenti nubifragi provocarono delle massicce frane nello stato costiero di Vargas provocando fra i 15.000 e i 30.000 morti. I media venezuelani seguirono in maniera massiccia la tragedia e accusarono di inazione il governo Chavez. Questo produsse a sua volta una reazione di Chavez e del suo governo contro i media. La stessa cosa accadde in inverno, quando comincio' il dibattito sulla nuova Costituzione. I media erano critici su parti di essa, soprattutto sull' articolo 58 che imponeva alla stampa di pubblicare informazioni "tempestive, veridiche ed imparziali".

I gruppi editoriali si erano sempre mossi per tenere questa prescrizione fuori dalle varie leggi sulla stampa nel passato, ed ancora una volta si erano mobilitati per cotrastare quella linea. Le organizzazioni internazionali per la libertà di espressione avevano diffuso varie lettere di protesta sostenendo che un tale provvedimento avrebbe aperto una strada al governo per limitare qualunque informazione che esso ritenesse "non vera" o "parziale". Specificatamente, i gruppi editoriali rilevavano che dare quel potere a un governo violasse la Dichiarazione universale dei diritti umani (Articolo 19) e la Convenzione americana sui diritti umani (Articolo 13). Comunque, quando la Costituzione venne adottata con quella frase, vari analisti e alcuni addetti ai lavori cominciarono a realizzare che la Rivoluzione Bolivariana era basata su un diverso modo di intendere la libertà di stampa e di espressione, una concezione che cozzava direttamente contro le norme accettate internazionalmente.

Questi - e altri - gli avvenimenti intorno a cui la stampa aveva iniziato a criticare Chávez diffondendo i punti di vista di quanti gli si opponevano. E Chávez si sentì in diritto di colpire. Cominciò ad accusare editori, giornalisti, pubblicazioni e trasmissioni per quelle critiche durante la sua trasmissione settimanale. Come un leader populista, nei suoi discorsi privilegiava le classi povere e classificava tutti coloro che trovavano colpe o difetti nel suo progetto come dei nemici del Venezuela e degli ideali bolivariani. La situazione fu aggravata dal fatto che il governo non era capace di risolvere velocemente molti dei problemi economici, cosa che ha alienato le simpatie di molte parti delle classi medie, o di affrontare compiutamente il problema della corruzione. Chávez pensava che quelle accuse fossero ingiustificate e attaccò i suoi critici, accrescendo ancora di più il confronto sociale ed il conflitto di classe (...)

L' aggressività di Chavez e la politicizzazione della società si sono trasformate in un materiale di permanente interesse sulla stampa venezuelana. La stampa ha cominciato a seguire con molta attenzione il clima politico e i problemi (amministrazione inefficiente e corruzione) del governo e, in questo senso, ha preso ad assumere una crescente influenza sulla formazione dell' opinione pubblica. Questa influenza si può spiegare in parte col fatto che la stampa è finita per diventare l' unico bastione che rappresenta la società civile sfiduciata di fronte allo stile politico di Chavez e privata dei vecchi partiti politici.

Nel 2000 e nel 2001 le relazioni fra i media e Chavez si sono deteriorate rapidamente, a mano a mano che la sua retorica diventava sempre più spiacevole e che i media continuavano a criticare lui e il suo governo. Elias Santana, un commentatore di El Nacional, ospite in un programma radiofonico e coordinatore del gruppo "Queremos Elegir", pose un quesito legale chiedendo il diritto di replicare sull' articolo 58 della Costituzione dopo che Chavez lo aveva attaccato durante il programma Alò, Presidente. La Corte suprema respinse la sua istanza il 12 giugno 2001 con una ordinanza in cui sosteneva che "può beneficiare del diritto di replica solo la persona che non ha avuto accesso a una pubblica discussione, non un giornalista professionista". La Corte andò oltre i confini del caso e finì per creare un insieme di criteri che definivano cosa fosse informazione "oportuna, veraz e imparcial", aggiungendo che il giornalista può esprimere opinioni se esse non contengono insulti o non siano "estranee al contesto o superflue rispetto alla questione, oppure offensive, insidiose o degradanti". (...). Il Bloque de Prensa venezuelano, la maggiore associazione editoriale, protestò contro l' ordinanza e si appellò alla Commissione interamericana dei diritti umani.

Altri avvenimenti infiammarono le relazioni fra i media privati e Chavez. Nel 2001 la giornalista Patricia Poleo pubblicò un servizio raccontando che l' ex capo della sicurezza peruviana, Vladimir Montesinos, era nascosto in Venezuela e che il governo lo sapeva. Reagendo a servizi come questo, Chavez e i suoi sostenitori cominciarono ad accusare media e giornalisti di essere "traditori" e "terroristi". Disse che i giornalisti "non possono sostenere di essere innocenti: no, non sono innocenti, ognuno si deve assumere le sue responsabilità di fronte alla storia e al popolo. Il popolo è stanco di bugie, di manipolazioni, di inganni... Il 2002 sarà l' anno dell' offensiva". I media riferirono che gli attacchi contro i giornalisti crebbero dopo quel discorso; dall' inizio del 2002, i giornalisti riferirono di un incremento di attacchi, minacce di morte e distruzioni di attrezzature.

Il 7 gennaio 2002, dopo l' attacco di Chavez a El Nacional durante la trasmissione Alò Presidente, un gruppo di suoi sosteniutori circondarono la redazione e impedirono ai circa 400 dipendenti di lasciare il palazzo. Incidenti come questo accrebbero la paura che i discorsi del presidente venissero messi in pratica dai suoi supporter. "E' una spirale di aggressioni, che vengono sponsorizzate dal governo".

La risposta di Chavez a questi contrattacchi avveniva con frasi tipo "I media sono dei perversi laboratori di bugie". I funzionari governativi appoggiavano il presidente. Willian Lara, presidente dell' Assemblea nazionale, disse nel marzo 2002: "I media hanno preso una posizione politica, cosa che in una democrazia è legittima. Ma è anche legittimo il diritto di Chavez a difendersi. Lo hanno chiamato folle, fascista, lo hanno paragonato ad Hitler. Nessun presidente è stato sottoposto a cose analoghe". Chavez giustificò la sua reazione durante la sua trasmissione radio alla fine di gennaio 2002: "El Nacional e El Universal sono patetici, le tv - con poche eccezioni - sono patetiche... Chiamano vigliacchi quelli che non chinano la testa alle loro idee fondamentaliste e dittatoriali e alle infami campagne dei padroni dei media. Sono solo degli affaristi che vogliono fare più soldi e buttare giù il governo. Qualche padrone di giornale è venuto da me con le sue proposte. Un giorno di questi farò i nomi. Qualcuno mi ha chiesto dei prestiti e da quando ho detto di no alle loro immorali richieste hanno scatenato questa guerra contro di me. Ma hanno commesso un errore con me perché io non mi arrendo e non mi faccio sconfiggere".

Continuando il suo attacco, Chavez aggiunse: "Quelli ( la Commissione interamericana sui diritti umani) non faranno che confermare quello che tutti hanno sempre saputo. Il governo non ha messo in carcere nessun giornalista, non c' è stato nessun ricatto, nessun delitto, nessuna sanzione o censura. C' è una piena libertà di espressione. Gli unici che abusano di questa libertà sono i proprietari dei media". Alla fine minacciò i media, dicendo: "Vi abbiamo detto, instancabilmente, che avevamo tollerato abbastanza. Non vi sorprendete se uno di questi giorni adotteremo la decisione, in un quadro legislativo, di mettere le cose al loro giusto posto". Quest' ultima minaccia si riferiva alla Ley de responsabilidad (o Ley de contenido) per l' emittenza radiotelevisiva, che sarebbe stata proposta in seguito.

Teodoro Petkoff, direttore della rivista Tal Cual, a proposito di Chavez - secondo quanto riferito dal New York Times - rilevava che "il suo linguaggio è stato particolarmente intollerante e aggressivo. Lui personalizza le sue polemiche e i suoi dibattiti con la stampa e non ne percepisce la gravità. Non capisce che non è un qualsiasi leader politico, ma il presidente della Repubblica".

Un secondo momento di svolta nelle relazioni tra Chavez e la stampa si verifica nell' aprile 2002. Come già segnalato, la massiccia protesta dell' opposizione dell' 11 aprile a Caracas - la più grossa nella storia del Venezuela - fu innescata dall' annuncio fatto dal presidente nella sua trasmissione domenicale del licenziamento dei dirigenti della PDVSA. Gli scontri tra gruppi armati, polizia e manifestanti ebbero un bilancio di 15 morti, fra cui Jorge Tortoza, un fotografo del quotidiano Diario 2001, e circa 300 feriti. Le immagini televisive trasmesse ripetutamente mostravano un uomo armato che sparava con una pistola contro i dimostranti; vari manifestanti parlarono di cecchini che spararono dai tetti mirando sulla folla. Quello che accadde nei due giorni seguenti è stato a lungo analizzato. (...)

I media giocarono un ruolo cruciale negli avvenimenti di aprile. La stampa di opposizione aveva registrato in maniera ampia le proteste contro Chavez e nel tentativo di controbattere questa linea Chavez cominciò a utilizzare le trasmissioni a reti unificate, imponendo a tutte le radio e le tv di trasmettere il segnale governativo. Utilizzò ripetutamente questo sistema nello sforzo di impedire ai media di mostrare le marce e le manifestazioni dell' opposizione. Alla fine, frustrate da una tale situazione, le principali stazioni televisive divisero lo schermo a metà, mostrando le manifestazioni in una parte e i discorsi di Chavez nell' altra. In un ultimo tentativo di prendere il controllo, Chavez tagliò lil segnale alle emittenti via etere, mentre quelle satellitari (come RCTV) continuavano a trasmettere. Dal 13 aprile tutte le stazioni televisive smisero di trasmettere informazioni e misero in rete solo cartoni animati e film. Il giorno in cui Chavez tornò al potere, i quotidiani dell' opposiozione non vennero diffusi. I sostenitori di Chavez lo chiamarono "black-out mediatico" oppure "golpe mediatico".

I giornalisti e i produttori televisivi dicono che quello non fu un "golpe mediatico", ma che le masse armate degli chavisti avevano minacciato gli addetti e gli uffici. Stando ai resoconti dei giornalisti presenti in quei giorni, ci fu un "panico assoluto" mentre gruppi fuori minacciavano di ammazzare i giornalisti. Eduardo Sapene, direttore giornalistico a RCTV, disse che con tutte quelle voci e quegli improvvisi cambiamenti decise di non trasmettere più nessuna notizia sui sostenitori di Chavez "fino a quando non ne ho conferma da una fonte chavista". El Universal cominciò a preparare la carta ma non poté stampare perché i tipografi non erano andati al lavoro. Comunque furono in grado di pubblicare notizie sul loro sito web fino a quando non tornò a circolare la versione a stampa. Molti editori apparvero in tv per scusarsi di non poter trasmettere notizie come avrebbero voluto. I proprietari negarono di essere coinvolti direttamente nella pianificazione e nella realizzazione del golpe.

Gli avvenimenti hanno finito per radicalizzare e accentuare la politicizzazione dei media nel paese, specialmente con la morte del fotografo Tortoza. Contrariamente agli iniziali inviti alla moderazione, gli attacchi verbali di Chavez contro la stampa presto ripresero, così come le azioni fisiche da parte dei suoi sostenitori e di gruppi armati. Finestre spaccate, bombe piazzate nelle redazioni, giornalisti aggrediti e minacciati di morte. Prima del golpe di aprile, i giornalisti generalmente non erano stati oggetto di aggressioni; riuscivano a fare i servizi senza diventare degli obbiettivi. Un cronista una volta raccontava che negli anni precedenti, quando la stampa seguiva dimostrazioni o scontri di piazza, la polizia avvertiva i giornalisti prima di usare i lacrimogeni per consentire loro di defilarsi. Ora i giornalisti sono oggetto di aggressioni fisiche; si sentono come dei "corrispondenti di guerra" ma sono loro gli obbiettivi degli attacchi.

Le emittenti guardano poi alle tramissioni a reti unificate come a un modo per il governo di esercitare la censura e di punirle finanziariamente. Quando il governo impone la cosiddetta "cadena" - che inizialmente era utilizzata solo in circostanze speciali o emergenze nazionali - le tv private perdono soldi visto che la pubblicità viene sostituita dal segnale tv governativo. Nei primi due mesi e mezzo del 2003 la "cadena" è stata imposta 41 volte per 41 ore e 43 minuti. Le trasmissioni durano da un minimo di cinque minuti a un massimo di tre ore e vi intervengono vari ministri del governo e, naturalmente, lo stesso Chavez.

I media si scontrano anche con difficoltà economiche e legali. Sul piano economico, hanno sofferto come gli altri settori per la recessione, visto che il calo della pubblicità si ripercuote sui media. Negli anni scorsi la stampa ha avuto un calo nella tiratura e nel numero di pagine. Durante lo sciopero generale del dicembre 2002, la pubblicità si è completamente prosciugata visto che il grosso delle aziende del paese si erano unite all' opposizione. Alcuni giornali smisero di circolare per alcuni giorni in segno di solidarietà con l' opposizione. Comunque, dalla metà del febbraio 2003, i giornali hanno spiegato che la pubblicità stava tornando a salire. RCTV ha detto di aver ridotto le proprie spese, ma cercando di farlo in modo da non compromettere posti di lavoro. Alcuni dei collaboratori e dei lavoratori non si sono visti riconfermare i loro contratti, mentre le case di produzione di telenovele - che di solito ne realizzano cinque all' anno - ne hanno programmato solo due per il 2003.

I media devono affrontare anche altre questioni economiche (e legali) con la politica del governo di controllo dei tassi di cambio e dei prezzi. Nel suo messaggio alla nazione con cui presentò il decreto presidenziale 2.302, Chavez aveva proclamato: "Nessun dollaro per i golpisti! Nessun dollaro per i destabilizzatori!". Inclusi nella categoria dei "golpisti" sono i media ed essi stanno prendendo queste minacce in maniera molto seria. I giornali importano la carta e l' inchiostro e pagano in dollari. L' emittenza compra attrezzature, film e tutto il resto con i dollari. La gente nei media vede ciò come un altro tentativo di censura attraverso il controllo dei materiali.

L' articolo 13 della Convenzione americana sui diritti dell' uomo - o "Patto di San José, Costa Rica - stabilisce: "Il diritto di espressione non può subire restrizioni con mezzi indiretti, come ad esempio l' abuso di controlli governativi o privati sugli impianti tipografici, le frequenze di trasmissione o le attrezzature usate nella diffusione delle informazioni, o da qualsiasi altro mezzo tendente a impedire la circolazione o la diffusione delle idee e delle opinioni". Il Venezuela aveva ratificato questa convenzione nel 1977. La più severa sfida giuridica che si trova davanti l' emittenza è la proposta legislativa della Ley de contenido, o, meglio, "Ley sobre la responsabilidad social en radio y televisión". Questa legge è stata presentata all' Assemblea nazionale il 23 gennaio 2003 dopo essere stata discussa durante l' anno precedente.

L' obbiettivo dichiarato di questa legge è garantire una sviluppo sociale equilibrato e complessivo del bambino regolando i contenuti sessuali, sanitari e violenti nelle trasmissioni. La legge divide la giornata in tre parti: ore protette (dalle 6 alle 20), ore controllate (5-6 e 20-23) e ore per adulti (23-5) e specifica il tipo di materiale che non può essere trasmesso. Per esempio, durante le ore protette e controllate non possono essere trasmesse scene di "violencia fuertes", cioè che contengano "violenza fisica, psicologica, sessuale o verbale da parte di individui o gruppi nei confronti di una o più persone, oggetti o animali". La legge è passata per una sua prima discussione in Assemblea Nazionale e verrà poi discussa articolo per articolo (in tutto 150). I sostenitori della legge lo considerano un "bel" progetto, che non impone restrizioni ma salvaguarda i telespettatori, soprattutto bambini e ragazzi. Chavez la considera come una parte della sua "offensiva" legale politica e morale contro i media e l' opposizione, un' offensiva che ha avviato dopo la fine dello sciopero.

Giuristi e studiosi favorevoli all' opposizione e la stampa hanno criticato la legge giudicandola incostituzionale e in contrasto con vari aspetti della Carta. Nonostante questo, come Chavez ha spiegato nei suoi discorsi, la legge sembra avere un intento ben più largo. In un discorso, ad esempio, Chavez sostenne che la trasmissione di scene di protesta contro il suo governo violerebbe gli standard della privacy e andrebbe quindi bandita. Giornalisti, accademici e associazioni per la libertà di stampa temono che la legge costituisca una via legale con cui il governo Chavez potrebbe censurare legalmente i media. Nel corso di un primo dibattito sulla proposta di legge, secondo il resoconto di Tal Cual, "quando Carlos Tablante attaccò la legge sostenendo che essa puntava in realtà a censurare i media, concluse il suo intervento chiedendo: "Voi che parlate così bene di Cina e di Cuba...lì hanno un solo giornale, solo una radio, solo un canale... E' questo che voi volete?"... tutti quelli del (i deputati aderenti al) MVR risposero "Sììììì'. Fu un bello scherzo che giocarono a Desirée (Santos Amaral), che si era sgolata per cercare di convincere i nottambuli (i deputati rimasti la notte a discutere in aula) sul carattere pluralistico e democratico di quella legge".

Con altri stratagemmi legali il governo ha ampiamente inquisito i media per presunte irregolarità finanziarie o fiscali, minacciando di multarli e di revocare le licenze. Per esempio, Venevision è stata avvertita nel febbraio 2003 che era sotto inchiesta e avrebbe potuto essere multata per i suoi servizi sullo sciopero generale. RCTV ha riferito di avere continuamente dei funzionari pubblici che indagano e spulciano tutti i suoi conti.

D' altro canto, i giornalisti che lavorano nei media privati hanno la sensazione di avere spinto il loro lavoro oltre il loro normale ruolo di voce di opposizione al governo e ora stanno lottando per la loro professione, per i loro compensi e, qualche volta, anche per la loro vita. Le precedenti divisioni fra giornalisti e direttori o proprietari dei mezzi d' informazione si sono comunque considerevolmente attenuate rispetto agli anni passati visto che si sentono entrambi minacciati da Chavez e dalla sua rivoluzione sociale. Alcuni docenti hanno smesso di criticare la professione e si sono uniti nella difesa dei media da quello che essi vedono come un attacco alla libertà di espressione nel paese. Quando si chiede loro qual è la loro maggiore preoccupazione, il nuovo direttore delle news tv, Sapene, ad esempio, risponde: "Sopravvivere giorno dopo giorno. Questa è la grande sfida".

Democrazia in Venezuela: conclusioni

Come detto all' inizio, questo lavoro è basato sull' idea che la libertà di espressione è essenziale per la democrazia e che i media possono giocare un ruolo vitale nel dare forma al discorso nella sfera pubblica. La sfera pubblica, specialmente il discorso politico, in Venezuela è stato fortemente modellato da Chavez, attraverso i media statali e quelli alternativi, e dai media privati dell' opposizione. Chavez è stato capace di utilizzare i media efficacemente per imporre la sua agenda politica e molti dei termini e dei temi del dibattito. Quando i giornalisti venezuelani guardano sia ai media governativi che a quelli di opposizione scoprono vari problemi che danneggiano o riducono l' efficacia del discorso politico nel loro paese.

Per prima cosa, citano molti problemi del settore: i giornalisti e i direttori possono trascurare parte delle informazioni e riflettere solo la loro visione del problema; le fonti, sia i funzionari di governo che i leader dell' opposizione, parlano solo ai media che li appoggiano, cosa che limita l' informazione disponibile per i cittadini; c' è una forte mancanza di giornalismo investigativo, e questo implica che i giornalisti tendono a ripetere le dichiarazioni rese dalle loro fonti. Poiché ogni parte riferisce solo il proprio punto di vista, il pubblico guarda o legge solo ciò che conferma le sue convinzioni, provocando una profonda divisione nella società e impedendo un dialogo costruttivo.

Secondo, anche il linguaggio e la presentazione dei problemi sminuiscono l' efficacia del dibattito nella sfera pubblica. Gli attori di tutte le parti del problema usano un linguaggio infiammatorio e derogatorio nei confronti degli oppositori e mischiano informazione e opinioni.

Terzo, gli attacchi pubblici, le aggressioni fisiche, le sanzioni legali e le pressioni economiche creano un clima in cui non viene apprezzato il dialogo civile e democratico. I media e Chavez, attraverso la loro azioni e i loro contenuti, rafforzano la divisione politica del paese. Gli osservatori temono che se il paese continuerà a polarizzarsi e il dibattito pubblico a sembrare inefficace, le fazioni estreme potrebbero pensare a "soluzioni" violente dei problemi che ha il Venezuela.

Quarto, e forse cosa più essenziale, l' interpretazione e la concezione della libertà di stampa da parte di Chavez e dell' opposizione sono fondamentalmente differenti. Questo spinge la divisione fra le due concezioni della società venezuelana in forme sempre più rilevanti e rende sempre più difficile una effettiva comunicazione.

Petkoff, in un editoriale in prima pagina di Tal Cual sottolineava l' importanza che tutte le istituzioni venezuelane lanciassero messaggi distensivi a sostegno dei valori democratici, della pace e della tolleranza per consentire al paese di superare le presenti divisioni politiche e trovare soluzioni ai problemi del popolo. Ricordava a Chavez che, come presidente della nazione, egli aveva una maggiore responsabilità nel decidere l' agenda politica. "Il suo linguaggio è stato un fattore decisivo nell' innesco della crisi perché fin dalla campagna elettorale l' aggressività dei suoi discorsi e le violente metafore che egli usava abitualmente erano caratteristiche di uno stile retorico che negli anni seguenti hanno lasciato un segno insano (nella società). Questo suo linguaggio drammatizzante, pesante, offensivo, intollerante, minaccioso, violento e contrario a ogni coesistenza ha avuto conseguenze sia per i suoi avversari che per i suoi sostenitori. In entrambi ha stimolato lo scontro... La ricerca di una soluzione negoziata richiede un clima verbale disteso".

Senza un cambiamento nel clima verbale, così come delle decisioni che derivano dal discorso pubblico, i Venezuelani faticheranno molto a raggiungere dei compromessi e delle soluzioni alla crisi. I media, come sempre, continueranno a giocare un ruolo centrale in questo processo.

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni