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Intervista a Jorge Fascetto, presidente International Press Institute (IPI)
di Roberto Giusti*
El Universal
7 dicembre 2003
http://www.petroleumworld.com/sati121303.htm
Il presidente dell' International Press Institute (IPI) ed ex presidente della Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha visitato il Venezuela incontrando i giudici della Corte suprema di giustizia e i dirigenti del CNE (Consiglio nazionale elettorale) e avvertendo che, insieme, IPI e SIP sostengono una soluzione elettorale - il referendum revocativodi Chavez - alla crisi venezuelana.
Ogni volta che Jorge Fascetto viene in Venezuela e apre bocca scatena le più aspre passioni ed è oggetto degli insulti più terribili da parte dei leader del regime di Chavez, più di ogni altro rappresentante che i 60 anni di storia della SIP o dell' IPI ricordino.
Argentino, Jorge Fascetto è editorie di varie pubblicazioni, fra cui El Dia, Diario Popular, Noticias argentinas.
Domanda - Perché il ministro degli esteri venezuelano, Roy Chaderton, ha polemizzato con la sua visita in Venezuela?
Risposta - Sono venuto in Venezuela come rappresentante della SIP e ho formulato le mie opinioni sulla questione della libertà di stampa nel regime di Chavez. Io credo che in Venezuela non c' è libertà, o al limite non ce n' è quanta sarebbe desiderabile. Questa è la mia opinione, e credo di poterla esprimere liberamente.
D - Chaderton l' ha anche definita ignorante, forse in quanto ritiene che chi non vive qui non può rendersi conto della nostra realtà.
R - Mi ha chiamato anche chiacchierone.
D - E ha detto anche che lei era arrogante.
R - Devo ringraziarlo per questi epiteti. Forse questa volta non ce l' ha fatta a chiamarmi, come fa di solito, "imperialista al servizio delle forze diaboliche del capitalismo".
D - Ma lei non fa parte della cosiddetta ultradestra americana, come Chaderton sostiene?
R - Sono uomo di centro, anzi di centrosinistra in particolare. Non appartengo a nessun partito ma credo nella libertà e nella democrazia perché non ci sono altri possibili tipi di governo.
D - Non trova paradossale che in un paese dove non ci sarebbe libertà di stampa vengono consentite iniziative democratiche, come la raccolta di firme per il referendum revocativo di alcuni funzionari eletti?
R - Naturalmente. Siamo venuti in Venezuela come osservatori. Non siamo una organizzazione internazionale vincolante. SIP e IPI sono solo dei rappresentanti dell' opinione pubblica, che per 60 anni hanno combattuto per la libertà di espressione.
D - Ma lei difende la libertà di stampa o la libertà di impresa?
R - Io difendo la libertà di stampa ma anche quella di impresa, che è una parte del sistema democratico. La gente contraria alla libertà di stampa e alle organizzazioni che la difendono usa spesso questa domanda: "Ma tu difendi la libertà di stampa o quella d' impresa?". C' è forse qualche differenza fra i giornalisti e gli editori quando si battono per la libertà di stampa? Io forse non ho il diritto alla libertà di stampa, o questo è un diritto esclusivo del giornalismo salariato? Io possiedo un giornale medio che affronta grossi problemi per trovare le risorse per conservare la sua indipendenza. Naturalmente ogni giornale può cadere nelle mani del maggiore offerente.
D - È quanto sta accadendo in Venezuela?
R - Non ho molto da dire in questo senso, posso solo dire che vedo la stampa venezuelana compatta nel denunciare che il presidente costituisce una minaccia per la libertà di stampa.
D - I media privati rischiano di soffocare sotto l' amministrazione Chavez?
R - Piuttosto che stare in una situazione ambigua, io preferisco che mi venga detto: "Questo non lo puoi pubblicare". In questo modo le pagine del giornale saranno tappezzate di pecette bianche. Se le cose si mettono in questo modo, sai che devi combattere per riacquistare la libertà in uno scenario che può cambiare, perché la gente non ci sta sotto un regime che impedisce di sapere quello che sta accadendo. Sotto il regime di Chavez noi abbiamo una presunta libertà di stampa. Per esempio in Perù è lo stesso governo che controlla alcuni media.
D - È quanto sta avvenendo in Venezuela?
R - No. Alcuni giornali, come El Universal e El Nacional e qualche altro, sono testate con una lunga tradizione. È duro comprarli.
D - È possibile ritrovare la libertà di stampa che abbiamo perduto in Venezuela sotto il governo di Chavez?
R - È dura. Chavez ha un durissimo confronto con la stampa. Lui crede in una democrazia che non è democrazia. Non posso escludere la possibilità che Chavez possa cambiare, ma questo sarebbe possibile solo in situazioni di grossa difficoltà. Noi sosteniamo una soluzione elettorale in Venezuela, sempre puntando al nostro obbiettivo di fondo: la libertà di stampa. In ogni caso noi non possiamo e non vogliamo assolutamente interferire nell' arena politica venezolana. Stiamo solo aspettando un processo trasparente, che consenta ai giornalisti un accesso alle informazioni sia da parte del governo che da parte dell' opposizione.
D - Perché il governo insiste nel dire che la sua organizzazione è legata alle trame golpiste?
R - La SIP è stata accusata durante tutta la sua storia. Questo è il prezzo che dobbiamo pagare per difendere la libertà di stampa. A nessun governo dittatoriale piace una organizzazione internazionale che arriva e denuncia che non c'è libertà di stampa, un' organizzazione internazionale che chiede al governo di rispettare il diritto del popolo all' informazione.
D - Lei crede che Chavez sia un dittatore?
R - Non vedo Chavez come un dittatore alla lettera, ma il suo è un regime autoritario e minaccioso, che non rispetta la stampa. Lo si vede negli attacchi ai giornalisti e ai giornali e ai progetti di legge che puntano a restringere la libertà di stampa.
* Nel maggio 2003 Roberto Giusti, giornalista radiofonico e collaboratore di El Universal aveva denunciato di essere stato vittima di una serie di aggressioni e minacce da parte di attivisti filogovernativi. (cfr: http://www.eluniversal.com/2003/05/03/03154EE.shtml).