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di Gregory Wilpert
sociologo e giornalista freelance che vive in Venezuela. Sta attualmente lavorando ad un libro sulla presidenza di Chavez
ZNet
27 ottobre 2002
http://www.zmag.org/Italy/wilpert-venezuelaproceso.htm
"L'errore capitale di Chavez è stato voler fregare il ceto medio", sostiene Carlos Escarrá, noto costituzionalista ed ex giudice della corte suprema venezuelana, che si autodefinisce come un sostenitore del "proceso" ma allo stesso tempo come non "chavista". Il "proceso" è il processo di trasformazione sociale iniziato dal movimento che avrebbe portato al potere il presidente Chavez.
All'inizio, quando Chavez fu eletto quasi 4 anni fa, sembrava che una vasta maggioranza fosse favorevole al "proceso". Adesso, tuttavia, larghi settori della società originariamente sostenitori di Chavez, in particolare la classe media, sembrano essere passati all'opposizione. Un chiaro sintomo di questa opposizione è stata la manifestazione antigovernativa del 10 ottobre scorso che ha attratto tra i 400.000 (secondo il governo) e un milione (secondo l'opposizione) di manifestanti, per lo più del ceto medio. A prescindere dalle cifre, non v'è dubbio che si è trattato di una delle manifestazioni più vaste nella storia del Venezuela controbilanciata, due giorni dopo, da una manifestazione filogovernativa dalle proporzioni quanto meno analoghe a quella precedente, cui hanno partecipato soprattutto i ceti meno abbienti della società venezuelana. Perché dunque il ceto medio è così contrario a Chavez ed i ceti meno abbienti no? Le ragioni sono numerose ed hanno a che fare con l'economia, le politiche del governo, i mass media ed il razzismo.
L'economia
Il 2002 era e continua ad essere un anno difficile per il Venezuela. La moneta nazionale si è svalutata del 50% nel primo semestre, l'inflazione si è impennata vertiginosamente passando dal 12% nel 2001 al 35% o più nel 2002, a fronte di un tasso di disoccupazione lievitato dal 13 al 17%. Contrariamente a quanto molti venezuelani sembrano pensare, questi trend economici negativi si sono fatti sentire molto di più sul ceto medio che sui poveri. La ragione risiede nell'impatto economico negativo della svalutazione che si è ripercosso molto di più sul ceto medio che non sui poveri perché il ceto medio tende ad acquistare più prodotti il cui valore è espresso in dollari, siano essi automobili, computer, immobili o viaggi di piacere negli Stati Uniti. Ora la classe media, ad un tratto, non può più permettersi questi acquisti perché il suo reddito si è dimezzato rispetto al periodo che ha preceduto la svalutazione.
Allo stesso tempo, mentre la svalutazione provoca una generale spirale inflazionistica, perché più del 70% dei beni di consumo vengono importati, l'inflazione è più acuta tra i prodotti consumati dalla classe media perché, a differenza dei più poveri, denota una maggiore tendenza ad acquistare prodotti importati. Un'altra ragione per il maggiore impatto dell'inflazione sul ceto medio invece che sui poveri dipende dal fatto che il reddito della classe media è già stabilito all'inizio dell'anno. I poveri, invece, la cui attività lavorativa rientra, per lo più, nell'economia sommersa, riescono ad adeguare il loro reddito all'inflazione con maggiore facilità perché, non avendo bisogno di aspettare l'aumento di stipendio annuale, semplicemente aumentano ipso facto il prezzo dei loro prodotti e servizi.
Infine, i poveri possono contare maggiormente su ammortizzatori sociali in grado di stemperare l'impatto dell'inflazione. Questi ammortizzatori possono essere una famiglia o una comunità numerosa i cui membri si aiutano reciprocamente o, ancora, servizi pubblici gratuiti come, ad esempio, la sanità e l'istruzione. La classe media, invece, tende ad usufruire di istruzione e sanità private e se è vero che può contare su servizi di migliore qualità è anche vero, tuttavia, che è costretta a rinunciarvi non appena i costi diventano troppo alti per le sue possibilità.
Il governo venezuelano detiene un ruolo importante nell'economia del paese. Ciò significa che le fluttuazioni nella spesa pubblica comportano ripercussioni quasi immediate sull'attività economica in generale. In altre parole, i tagli alla spesa pubblica operati dal governo inducono una recessione dell'economia. Poiché circa un terzo delle entrate del governo provengono dalla produzione petrolifera, ogni fluttuazione del prezzo del petrolio si fa sentire rapidamente sul resto dell'economia. Alla fine del 2001, ad esempio, il prezzo del petrolio venezuelano è sceso da 18 a 16 dollari a barile. Ciò ha significato una drammatica carenza di entrate e un conseguente calo del reddito pubblico che, nel primo trimestre del 2002, è diminuito del 13% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La maggior parte di questo decremento è da attribuire ad un ridimensionamento delle entrate garantite dal petrolio, che hanno subito un calo del 46% nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Conseguentemente è stato necessario rivedere al ribasso il bilancio dello stato per il 2002 che risulterà del 7% inferiore a quanto preventivato. Contemporaneamente, alla fine del 2001, l'opposizione decideva di intensificare la sua campagna antigovernativa proclamando uno sciopero generale ed organizzando imponenti manifestazioni. La crisi economica e politica hanno contribuito ad innescare una massiccia fuga di capitali che, a sua volta, ha peggiorato ulteriormente la crisi. La banca centrale non è stata più in grado di difendere la moneta nazionale dalle spinte svalutative indotte dalla fuga di capitali e, una volta abbandonate le sue velleità di resistenza, la valuta venezuelana si è deprezzata e l'inflazione si è impennata.
Dalla concomitanza di inflazione e tagli alla spesa pubblica è risultata una doppia batosta per l'economia. Molte aziende sono state costrette a chiudere provocando una crescita drammatica della disoccupazione. Mentre il tasso di disoccupazione si era ridotto dal 18% del 1999, anno in cui Chavez ha preso il potere, al 13% nel 2001, secondo statistiche governative esso è nuovamente aumentato fino a raggiungere il 16% alla fine del 2002. Come se poi non bastasse, nella prima metà del 2002 l'economia ha subito una pesante contrazione pari al 7%. Sicuramente il tentato golpe dell'11 aprile del 2002 ha esacerbato la situazione economica perché ha provocato il blocco temporaneo di alcune forniture di petrolio e, in generale, ha acuito l'incertezza economica e politica nel paese. Adesso che però il prezzo del barile di petrolio venezuelano ha superato i 27 dollari e che la deflazione ha reso più facile al governo coprire il bilancio del 2003 con gli introiti del petrolio, l'economia dovrebbe ritornare a crescere in maniera significativa tra la fine del 2002 e l'inizio del 2003.
Politiche governative
Come già detto in precedenza, la recessione non è l'unico motivo di malcontento che il ceto medio rinfaccia al governo Chavez. Un altro motivo è dato dal fatto che le politiche di questo governo non hanno favorito molto questa classe sociale. Infatti le riforme più importanti introdotte dal governo come, ad esempio, quelle che hanno interessato la nuova costituzione, l'istruzione, la sanità o la riforma agraria, tendono tutte a favorire le classi povere piuttosto che il ceto medio.
Le politiche governative relative alla sanità ed all'istruzione hanno avvantaggiato più i poveri che la classe media perché quest'ultima tende a rivolgersi alla sanità ed all'istruzione private. Invece i poveri hanno tratto beneficio dall'istituzione, per la prima volta nella storia del Venezuela, di un sistema sanitario universale che, pur con tutte le sue gravi carenze, se non altro è accessibile ai poveri più di quanto lo sia mai stato precedentemente. La situazione è analoga anche per quanto concerne l'istruzione. Il governo ha aperto migliaia di scuole "bolivariane" in tutto il paese in grado di offrire tre pasti completi giornalieri a tutti gli studenti, una prestazione di cui non potrebbero mai usufruire se rimanessero a casa. Il risultato è che a scuola si sono iscritti un milione di nuovi studenti che prima non avevano mai fatto parte del sistema scolastico.
Una delle conquiste più importanti della nuova costituzione è l'aver infranto una volta per tutte il sistema bipartitico venezuelano consentendo, pertanto, la partecipazione di vasti settori della società tradizionalmente esclusi, altrimenti, dalla gestione della cosa pubblica. A questo riguardo appaiono importanti l'inclusione nella costituzione di donne, popolazione indigena e omosessuali cui, nella costituzione precedente, venivano riconosciuti solo pochi diritti. Tuttavia si tratta di nuovo di cambiamenti che, nel migliore dei casi, lasciano la grande maggioranza del ceto medio piuttosto indifferente.
Un altro tema particolarmente sentito nell'agenda del governo Chavez, ma che non coinvolge la classe media, è la riforma agraria. Il governo ha introdotto due tipi programma di riforma, uno rurale e l'altro urbano. La riforma agraria per le aree rurali ha attirato un bel po' di attenzione e la sua approvazione nel novembre del 2001 ha presumibilmente segnato l'inizio della campagna dell'opposizione contro il presidente Chavez. La legge di riforma agraria è destinata essenzialmente alla messa in produzione dei terreni incolti ed alla loro distribuzione ai braccianti agricoli senza terra qualora i legittimi proprietari rifiutino di coltivare i loro terreni. L'obiettivo è duplice: da un lato si intende creare una maggiore giustizia sociale e, dall'altro, si vuole consolidare la produzione agricola del paese. Questo programma è sostenuto anche da una vasta gamma di progetti di credito fondiario e avviamento professionale. Invece, la riforma agraria destinata alle aree urbane, è destinata a conferire i diritti di proprietà alle terre attualmente possedute illegalmente dai poveri dei centri urbani che le hanno occupate, così come anche ad aiutare questi ultimi a migliorare le loro comunità esercitando forme di autogoverno. Il programma di riforma per le aree urbane prevede la creazione di comitati agrari nei quartieri poveri cui possono partecipare fino a 200 famiglie e che avranno il compito di aiutare a misurare gli appezzamenti di terreno, determinare la proprietà comunale, negoziare con il governo l'erogazione dei servizi essenziali, come acqua ed elettricità, e creare una identità territoriale. La democratizzazione della proprietà deve essere coniugata ad una democratizzazione delle forme di governo locali pianificando programmi di partecipazione ai progetti locali alla stregua di quanto è già stato sperimentato in alcune regioni del Brasile governate dal Partito dei lavoratori.
Altri progetti governativi di primo piano a favore, principalmente, dei poveri e non già della classe media, sono il progetto di alloggi pubblici e i programmi di microcredito. A questo riguardo il governo ha recentemente annunciato l'istituzione di un nuovo ministero dell' "Economia Sociale". Il ministero ha il compito di sostenere la democrazia nei posti di lavoro, soprattutto la creazione di cooperative ed altri programmi a sostegno della giustizia sociale come, appunto, quelli relativi al microcredito.
Una politica che inficia direttamente gli interessi soprattutto della classe medio alta è il tentativo del governo di riscuotere, per la prima volta nella storia del Venezuela, l'imposta sul reddito. A versare l'imposta sul reddito sono soltanto quelli il cui stipendio rientra nel 20% dei meglio retribuiti.
La guerra mediatica e psicologica.
Alla miscela di declino economico della classe media e all'assenza di programmi di governo tesi a favorirla va aggiunta anche un'aspra campagna in chiave anti-Chavez condotta dai mezzi di informazione. E se l'indifferenza nei confronti della classe media non fosse già un motivo sufficiente per opporsi al regime di Chavez, allora ci pensano i mass media a sfornarne altri a ritmo giornaliero. Le accuse di incompetenza, malgoverno e corruzione riempiono ogni giorno i giornali. In teoria queste accuse dovrebbero essere il segnale di un'informazione libera che prende sul serio il suo compito se non fosse, però, per un particolare: la stragrande maggioranza delle accuse sono frutto di segnalazioni non verificate dei politici dell'opposizione. I mezzi di informazione, infatti, solo raramente verificano la fondatezza dei fatti e concedono all'accusato la possibilità di replicare all'accusa.
Spesso i mass media riflettono il latente razzismo, classismo, della società venezuelana. Un saggio di questo razzismo/classismo era sotto gli occhi di tutti lo scorso 14 ottobre quando l'editoriale di uno dei più grandi quotidiani seri (non sensazionalisti) del paese recitava sulla manifestazione filogovernativa davvero massiccia:
+"la risposta del presidente e dei suoi seguaci alle preoccupazioni della società venezuelana sulla drammatica crisi che attraversiamo (economica, politica, militare ed istituzionale) è stata quella di portare dalle zone interne i soliti squattrinati 'lumpen' di sempre trasformati in passeggeri di residuati di autobus con un tozzo di pane ed un po' di rum affinché, una volta giunti, potessero acclamare il grande imbonitore della nazione"
L'effetto cumulativo dell'attacco mediatico è la guerra psicologica in cui i mezzi d'informazione offrono all'opinione pubblica un'immagine della società venezuelana sull'orlo del collasso totale con un governo che ha perso del tutto il sostegno popolare e la sua legittimità legale. Accuse prive di fondamento sulle prime pagine dei giornali non sono inconsuete. Ad esempio come quelle di Carlos Ortega, leader della confederazione sindacale CTV (Confederación de Trabajadores de Venezuela), secondo le quali il governo avrebbe progettato l'assassinio di due o tremila persone alla manifestazione antigovernativa del 10 ottobre ed il massacro sarebbe stato sventato proprio grazie agli organizzatori della manifestazione. Larga parte dell'opposizione sembra comunque essere sinceramente convinta che il Venezuela sia sotto il gioco di una dittatura "comunista stile Castro".
Il nocciolo duro dell'opposizione che include la CTV , la camera di commercio principale, Fedecameras, quasi tutti i partiti di opposizione e quasi tutti i mezzi di informazione privati ha finito per credere alle sue stesse campagne mediatiche sviluppando la convinzione che praticamente nessuno sostiene il governo e che quelli che partecipano alle manifestazioni pro Chavez, come quella di domenica 13 ottobre, vengono ricevono una ricompensa dal governo pari a circa 30 dollari a testa.
Certo la propaganda mediatica dell'opposizione riesce a darla a bere non solo al ceto medio ma anche a molti poveri così come, per converso, un analogo numero di esponenti di questo ceto non crede a questa versione della realtà diffusa dai media e continua a sostenere Chavez. Comunque, appare abbastanza sensato affermare che la maggioranza del ceto medio si oppone a Chavez e la maggioranza dei poveri lo appoggia.
Mentre la società venezuelana è stata sempre divisa lungo demarcazioni di classe e di razza, per la prima volta nella storia di questo paese le classi sociali (e le razze) adesso sono separate anche lungo chiare linee di demarcazione ideologica catalizzate soprattutto dalla figura di Hugo Chavez. Per molti venezuelani e osservatori esterni è difficile comprendere perché la società venezuelana sia così polarizzata e, nella loro perplessità, suggeriscono semplicemente che i venezuelani dovrebbero imboccare il sentiero del dialogo. Senza dubbio si tratta di un approccio lodevole. Tuttavia esiste un ostacolo fondamentale al dialogo se una delle due parti si rifiuta, innanzi tutto, di riconoscere alcune regole basilari per consentire un dialogo. In altre parole, l'opposizione è convinta fermamente di essere espressione della maggioranza del paese e che, pertanto, ha il diritto di esigere l'allontanamento immediato del presidente prima ancora della fine del suo mandato. L'opposizione sembra non rendersi conto che anche se costituisse effettivamente la maggioranza, il che è opinabile, una delle regole fondamentali del gioco democratico è che i leader politici sono eletti per un periodo di tempo prestabilito e che se qualcuno preferisce nuovi leader deve aspettare le elezioni successive fissate dalla costituzione e non già un calo di popolarità nei sondaggi d'opinione. Sinora l'opposizione, vale a dire, in larga parte, i ceti medi e alti, rifiutano categoricamente di riconoscere questa regola basilare rendendo virtualmente impossibile un dialogo significativo.