VII - Conclusioni
La SIP (Società interamericana di stampa), in un Rapporto dell'ottobre scorso (Appendice 24), fa il punto della situazione nel paese attenuando i toni (*). Parla di "limitazioni alla libertà di espressione" e sottolinea soprattutto "il rischio che venga approvata, da parte dell'Assemblea nazionale, la cosiddetta Legge dei Contenuti, o Legge di responsabilità sociale di Radio e Televisione, che prevede la statalizzazione di tutto il sistema". Secondo il progetto, sostiene la SIP , "tutti i mezzi di comunicazione audiovisivi privati verrebbero sottomessi a un regolamento e a un controllo statale. La stessa cosa succederebbe con la quasi totalità del loro palinsesto (dalle 5 del mattino alle 23), visto che verrebbero controllati anche i contenuti informativi. In più il governo si riserva la possibilità di bloccare programmi e sequestrare impianti senza un previo ricorso giudiziario".
(*) In effetti gli episodi di tensione sono andati scemando, come si può vedere da questa scheda relativa al 2003 (Appendice 25).
Il giudizio di Jorge Fascetto - ex presidente della SIP e attualmente presidente dell'IPI (International press institute) - è molto più lapidario. " Io credo che in Venezuela non c'è libertà, o al limite non ce n'è quanta sarebbe desiderabile. Questa è la mia opinione, e credo di poterla esprimere liberamente" (Appendice 26).
Altrettanto negativo il giudizio della Commissione interamericana dei diritti umani (CIDH), che in un suo recente rapporto (Appendice 24), ha tracciato un quadro a tinte piuttoso fosche della situazione in relazione all'esercizio della libertà di espressione e di stampa nel paese. Il rapporto sottolinea soprattutto le "aggressioni presidenziali" , il "rischio che venga approvata...la cosiddetta Legge dei contenuti" che, secondo la Commissione , con una chiara forzatura interpretativa, "prevede la statalizzazione di tutto il sistema". Il rapporto parla addirittura di "sistematica e sempre più grave violazione che quotidianamente si registra, da parte del governo, delle misure a favore dei diritti umani dei giornalisti e dei lavoratori dei media".
Il Rapporto della CIDH non fa invece alcun cenno al comportamento e al ruolo dei media privati nelle vicende del paese. Silenzio assoluto su quella che Ignacio Ramonet chiama "sporca guerra mediatica"